CARLO BARONI
Cronaca

“La morte di mio figlio destinata a restare un mistero”, la mamma: “Chi sa non ha mai parlato”

Federico Carnicci, operaio che viveva tra Santa Croce e Fucecchio, aveva 27 anni quando scomparve a Roma nel luglio di 10 anni fa. Il suo corpo fu poi restituito dal Tevere

Federico Carnicci aveva 27 anni quando scomparve a Roma nel luglio di dieci anni fa: poi il suo corpo fu restituito dal Tevere: un caso rimasto avvolto nel mistero

Federico Carnicci aveva 27 anni quando scomparve a Roma nel luglio di dieci anni fa: poi il suo corpo fu restituito dal Tevere: un caso rimasto avvolto nel mistero

Santa Croce (Pisa), 9 luglio 2025 – “C’abbiamo provato in tutti i modi, la nostra è stata una battaglia contro i mulini a vento: la morte di mio figlio è destinata a restare un mistero”. Lidia Carnicci getta la spugna: “abbiamo speso soldi, lottato contro le archiviazioni, ora basta”. Il 7 luglio di dieci anni fa Federico Carnicci, 27 anni, operaio che viveva fra Santa Croce e Fucecchio, veniva inghiottito dalla notte di Roma. Diventò un fantasma. Dieci giorni dopo il Tevere restituì il suo corpo. La primavera di quell’anno Carnicci, padre di un bambino, aveva deciso di andare a Roma a fare un’esperienza di strada con un gruppo di punkkabestia. Sarebbe tornato a settembre. A dare l’allarme furono i giovani che erano con lui. I familiari di Federico non hanno mai creduto che il ragazzo potesse essersi tolto la vita. “Perché mentre noi lo cercavamo per tutta Roma c’era già chi lo dava per morto?”, ripete mamma Lidia. La prima inchiesta finì con l’archiviazione. La seconda (a carico di ignoti), dopo anni, ha fatto la stessa fine.

C’è chi sa la verità, ma non ha mai parlato – aggiunge la madre di Federico –. Abbiamo capito che non è possibile capire cosa è successo: il corpo fu trovato dieci giorni dopo la scomparsa, ma Federico morì, secondo noi, quella notte stessa”. Due anni fa il gip accolse la richiesta di archiviazione. Dalle circostanze emerse aveva rilevato i giudice, risulta poco credibile che Carnicci “sia stato spinto in acqua da terzi, in un punto dove non si toccava, così come non sembra verosimile che sia giunto in acqua in quanto trascinato per molti metri da parte di altri, contro la sua volontà”. Ma è lo stesso giudice a lasciare spazio a dubbi rilevando che al tribunale non sfugge che qualcuno, al momento della denuncia di scomparsa, “abbia errato o mentito nell’esporre i fatti alle forze dell’ordine”.

Una condotta, “pur biasimevole”, che però non “appare aver avuto rilievo decisivo nella ricostruzione dei fatti”. Al tribunale apparve più credibile l’ipotesi prospettata dal pm, ovvero che il Carnicci stesso, per gli effetti dell’alcol, unito ad un possibile disorientamento per l’utilizzo di un barbiturico, “si sia addentrato spontaneamente nel fiume, senza rendersi conto del relativo pericolo, finendo per perdere il controllo della situazione e non riuscire a tornare indietro”. La famiglia con il suo legale ha cercato di lottare contro questa versione con una mole imponente di investigazioni difensive facendo periziare anche la tenda dove aveva dormito il Carnicci, l’ultima sera: “Tutto inutile. Purtroppo, difficile da accettare”.