
d Carlo Baromi
ORENTANO
I futili motivi. E’ questo il punto che l’avvocato Antonio Bertei, difensore di Francesco Lupino, il killer reo confesso di Khrystyna Novak, chiederà alla Corte di Cassazione di mettere sotto la lente. E’ l’aggravante che il legale punta a fare cadere con l’obiettivo di ottenere un ulteriore sconto di pena. "Tutte le ragioni dell’omicidio non sono emerse – spiega il legale – Ma è certo emerso dai processi che Khrystyna Novak minacciò Lupino di rilevare i suoi traffici illeciti. Da qui, riteniamo, che non possa sussistere l’aggravante dei futili motivi".
La sentenza d’appello è già stata impugnata davanti alla Suprema Corte e gli ermellini devono solo fissare l’udienza. potrebbe arrivare in Cassazione. In primo grado Lupino, tatuatore di Corte Nardi, venne condannato a 29 anni di carcere. Nel gennaio scorso la pena è diminuita di cinque anni. Lupino uccise la ragazza con colpo alla testa con la Tanfoglio da cui non si separava mai quando la Novak lo minacciò di raccontare tutto. Del resto lei sapeva tutto. Era stata lei a spingere il fidanzato Airam Gonzales ad interrompere i traffici illeciti che aveva messo in piedi con Lupino. Sapeva anche che Lupino faceva uso di droga, e sapeva anche che era stato lui ad incastrare Airam con una soffiata alla polizia. Era rimasta sola in casa. Il tatuatore disse che quando andò a trovare la ragazza lei lo minacciò che lo avrebbe denunciato.
In realtà non sappiamo cosa si dissero, e se davvero si dissero
qualcosa. E’ certo che la mise a
tacere per sempre, e si disfece
del corpo. Trasformandola in un
fantasma che fu oggetto di intense ricerche e di appelli arrivati anche su Chi l’ha visto? La ragazza, però, era morta. Fu Lupino stesso a raccontare di averla
uccisa al pm Egidio Celano e alla Squadra Mobile di Pisa, dopo
tre mesi di carcere e dopo che gli inquirenti avevano ritrovato anche il corpo della 29enne gettato in un vecchio casolare in balia dei roditori. Secondo i giudici d’appello le parole di Francesco Lupino non furono una confessione spontanea, ma l’estremo tentativo di alleggerire la propria posizione ormai compromessa da quanto emerso dal lavoro investigativo. Confessò solo dopo aver capito "di essere ormai raggiunto da prove inconfutabili".