CARLO BARONI
Cronaca

Il caso dei diamanti e dei rimborsi. La battaglia dei consumatori: “Tutti risarciti per quasi il 90 per cento”

Sono 78 le posizioni arrivate alla fine di un lungo iter alla definizione della restituzioni dei soldi Ci sono persone che hanno rischiato di veder andare in fumo i risparmi di una vita intera

Guardia di finanza (foto di repertorio)

Valdera, 18 luglio 2023 – Il caso scoppiò nell’ottobre del 2016, quando emerse come i diamanti commercializzati da due società venditrici di pietre preziose avessero un valore nettamente inferiore rispetto al prezzo pagato. Una vicenda in cui centinaia di persone in tutta Italia hanno rischiato di vedere andare in fumo i risparmi di una vita di lavoro e sacrifici, chi invece i denari che aveva ereditato dai genitori, o chi più semplicemente era stato attratto da quello che sarebbe stato presentato come un investimento vantaggioso. Una vicenda che ha interessato anche decine di risparmiatori del nostro territorio.

Tuttavia le 78 posizioni tra Valdera, provincia di Pisa e Lucchesia – apprendiamo dall’avvocato Francesco Atzeni che ha curato con i colleghi le procedute di chi si è rivolto all’associazione Aducons Low and Food – sono arrivate tutte alla definizione dei rimborsi. E tra i rimborsi e il possesso delle pietre preziose, i risparmiatori hanno ottenuto circa il 90% del totale investito. Ci sono persone, appunto, che in questa vicenda hanno rischiato di perdere tanti soldi, uno – nel Pisano – addirittura 120mila euro. Complessivamente le 78 posizioni quantificavano, tra tutte, si apprende, investimenti per oltre due milioni di euro. I cittadini, era emerso, avevano sostenuto di essere stati truffati dopo esser stati spinti ad investire fondi attraverso due società che avrebbero operato con l’intermediazione di alcuni istituti bancari in diamanti, il cui prezzo però, hanno più volte sottolineato le associazioni dei consumatori, sarebbe stato nettamente superiore al loro effettivo valore.

L’inchiesta, quando scoppiò il caso, fu battezzata "Crazy diamond". E mise sotto la pente, appunto, due società che, tramite alcune banche, proponevano ai clienti l’acquisto di diamanti definendoli "bene rifugio", garantendo la certezza della liquidabilità dell’investimento e promettendo rendimenti elevati.