REDAZIONE PONTEDERA

Affari con i soldi dell’ex boss, le confische

Dichiarati inammissibili dalla Cassazione i ricorsi contro le misure di prevenzione sugli immobili disposte dalla Corte d’appello.. .

di Carlo Baroni

E’ arrivato al capolinea della Cassazione il futuro dei beni (una villa e die case) entrati nella vicenda del tesoro dell’ex boss della Mala del Brenta Felice Maniero. Tesoro sul quale lo stesso Maniero decise nel 2016 di collaborare con i magistrati veneziani dell’antimafia, mettendo nei guai l’ex cognato e il suo broker: entrambi già condannati anche in secondo grado di giudizio, pur con riti diversi, anche se la parola fine – si apprende – la dovrà mettere sempre la Cassazione. Intanto proprio la Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi di Riccardo Di Cicco, 64 anni, odontoiatra di Fuceccio, e dell’ex moglie, Noretta Maniero, sorella di Felicetto, contro al decisione della Corte d’appello di Venezia che, in riforma del decreto del tribunale (sezione misure di prevenzione) aveva in parte confermato le confische.

La Corte aveva rilevato come l’acquisto della villa di Santa Croce, nel 1989, sia avvenuto "in un momento di conclamata pericolosità sociale di Maniero, così come i costosi lavori di ristrutturazione fra il 1990 e il 2006, mentre nulla permette di ritenere che Di Cicco fosse in possesso delle risorse necessarie per acquistare e migliorare l’edificio". "Anzi – si legge – agli atti del procedimento svariati elementi di fatto vanno nella direzione di ritenere che costui abbia impiegato il ricavato degli illeciti consumati dal cognato, non senza constatare la sproporzione fra gli introiti leciti di Di Cicco e le disponibilità manifestate". Quanto invece all’immobile di Fucecchio, la Corte rileva che l’importo che fu versato appare maggiormente compatibile coi redditi oltre a essere avvenuto nel 2011, due anni e più oltre dopo l’ultimo provvedimento che attesta la pericolosità personale di Maniero sulla quale, secondo la Cassazione, i giudici hanno correttamente perimetrato inizio e termine: da qui la revoca parziale della confisca.

Il legale del dentista, avvocato Giulio Venturi, aveva sostanzialmente chiesto ai giudici l’annullamento della confisca o una nuova perizia per fare chiarezza sulla presunta sperequazione avallata dai primi due processi. La confisca dei beni mobili (tra i quali macchine e orologi) arriverà davanti agli ermellini, nei prossimi mesi perché inserita nel ricorso contro la sentenza in abbreviato con la quale Di Cicco è stato condannato - caduta l’aggravante dell’aver agevolato l’attività mafiosa dell’ex cognato - a 4 anni di reclusione. Per l’accusa l’attività di riciclaggio di Di Cicco sarebbe avvenuta acquistando immobili e operando attraverso una pluralità di rapporti finanziari, anche in Svizzera. Di Cicco è reo confesso di aver riciclato (ma sostenendo di aver anche restituito) 11 miliardi di lire del tesoro dell’ex boss.