
Il veterinario Leonardo Brunetti (Fotocastellani)
di Lucia Agati
Distende le ali, poggia bene sulle zampe. Aspetta pazientemente, in un salotto attrezzato per lei e sorvegliata da due videocamere, il momento in cui potrà volare di nuovo. Ha capito, in questi lunghi mesi, che intorno aveva soltanto persone che si occupavano di lei, che la curavano, perché i grandi rapaci, anche se non accettano mai di essere sottomessi all’uomo, sanno come entrare in sintonia con lui. È un magnifico esemplare di circaetus gallicus, aquila dei serpenti, o biancone, che a settembre 2020 ha avuto la sfortuna di essere impallinata e la fortuna di essere trovata e salvata. Perduto il momento per migrare in Africa, è stata nutrita in casa e c’è stata una catena di soccorso per cercare, per lei, i serpenti di cui essenzialmente si nutre, oppure, addirittura, per “costruire”, per lei, dei serpenti finti, ma che riconoscesse come veri. Fra poche settimane, questo “predatore alpha“ sarà inanellata, per essere tracciata, e volerà via. È uno dei tanti capolavori di Leonardo Brunetti, medico veterinario, mago e scrittore.
Come è stata trovata Alpha?
"Alpha è stata trovata a metà settembre scorso, a Valdibure, da Simona Fedi, che è una grande appassionata di aquile e che ha subito avvisato Isabella Giacomelli, responsabile Oipa (Organizzazione internazionale protezione animali) e i volontari, che sanno come raccogliere questi animali, l’hanno subito raggiunta con una scatola di cartone con cui hanno potuto prelevarla in sicurezza e poi me l’hanno portata. Sono stati bravissimi".
Quali erano le sue condizioni?
"Quando me l’hanno portata zoppicava e aveva un’ala abbassata. Sono animali rari nelle nostre zone, anche se ora qualche esemplare lo vediamo. Ho fatto le radiografie: aveva una frattura al tarso-metatarso e una brutta frattura, scomposta, all’alula, la parte terminale dell’ala. A ferirla potrebbe essere stato un colpo di fucile. Il dubbio c’è. Sono fratture queste che hanno una bassa percentuale di guarigione e sulle quali non possiamo adattare assestatori interni perché si rischia di interferire con la vascolarizzazione, quindi la necrosi, e si rischia la soppressione dell’animale".
Come è stata la degenza?
"La degenza di Alpha, che pesa due chili e mezzo e ha una apertura alare di quasi due metri, è stata molto lunga. È stata operata, all’ala e alla zampa. Inevitabilmente, questo ha comportato una detenzione notevole per un volatore. A terra si sarebbe sporcata e questo sarebbe stato un danno ulteriore. Così l’abbiamo sempre lavata con l’acqua calda, perché il piumaggio si mantenesse pulito. Questi formidabili cacciatori non hanno possibilità di sopravvivere se non hanno piume perfette".
Come è stata nutrita?
"Si nutre quasi esclusivamente di serpenti, che divora in volo. Non ho potuto liberarla prima perché, in inverno, sarebbe andata incontro a morte certa per mancanza di cibo. La loro migrazione le porta in Africa costeggiando la Francia, la Spagna e Gibilterra, un viaggio ben più lungo che non scendere direttamente lungo la nostra penisola, ma che consente loro di nutrirsi costantemente. Quindi, per farle superare l’inverno, le abbiamo procurato serpenti morti, e quando non ci siamo riusciti le abbiamo confezionato dei salsicciotti di carne con materiale biologico digeribile".
Può volare ora?
"Per verificare se fosse in grado di volare l’ho portata sull’argine dell’Ombrone, a Bonelle “in filagna” ovvero con un filo legato a una zampa. Così è stato possibile valutare lo stato di volo e la sua voglia di essere libera. Diciamo che siamo stati fortunati. Ho cercato di non farla abituare troppo all’uomo, ma lei è stata comunque buona, sembrava che avesse capito che era importante. A volte ho ricoverato poiane, astori e gheppi, ma si agitano, sbattono le ali e devono essere liberati. Lei ha capito che doveva stare ferma. Comunque si abituano a noi, questo sì. Ho curato una falchettina, qualche tempo fa e quando l’ho liberata è tornata per più di un mese a trovarmi".
Com’è quest’epoca di pandemia alla clinica veterinaria?
"E’ stato, ed è un anno, molto impegnativo perchè il lavoro è aumentato. Ho dovuto allestire, a partire dall’estate 2020, un gazebo esterno alla clinica per trasformarlo in una seconda sala d’aspetto per non creare assembramenti. Le persone sono state molto consapevoli e gentili, hanno sempre compreso la difficoltà del momento e hanno dimostrato molta pazienza. La cosa più difficile è stata convincere i bambini ad aspettare fuori mentre visitavo i loro animali".
Come è stato fronteggiato il virus?
"Ho comprato un dispositivo di sanificazione a vapore a 185°, con un impegno economico notevole, funziona associato a sostanze virulicide poi, in clinica, ci ha aiutato la scelta di dilazionare l’orario: dalle 9 la mattina fino alle 22.30. Nel frattempo ci siamo organizzati con la chirurgia mininvasiva insieme a due miei validissimi colleghi specialisti: Gabriele De Ambrogi e Daniele Giannelli. Siamo in grado di fare interventi di sterilizzazione in laparoscopia e microchirurgia per gli esotici: abbiamo rimosso un tumore a un pappagallino ondulato e ho operato a un occhio una cavia".