
Alcuni dei protagonisti del processo storico in scena domani pomeriggio
"Pistoia Medievale", festa dedicata quest’anno al pane, ospita domani pomeriggio, dalle 16 alle 17, in piazza del Duomo, sotto il loggiato del Palazzo Comunale, un processo storico per un fatto realmente accaduto. E’ un processo inedito tratto dal carteggio dei cosiddetti “Danni dati”, materia che negli statuti comunali disciplinava i danni arrecati da uomini e animali alle proprietà agricole, boschive e nella pastorizia, ma che nel corso dei secoli ha attratto a sé anche una serie di illeciti minori. Il termine “Danni dati” – come ci aiuta a comprendere lo storico Antonio Lo Conte – risale alle obligationes ex delicto di natura civilistica del diritto romano di cui faceva parte l’istituto del damnum iniuria datum, il danno ingiustamente dato, risalente alla lex Aquilia del 287 a.C., legge che prevedeva il principio del risarcimento del danno per l’uccisione, da parte di terzi, di uno schiavo, di un animale o per il danneggiamento di cose. "Il caso in esame attiene a un controllo sul pane prodotto in un forno per la vendita, eseguito dai “Giustizieri”, soggetti che, contrariamente al terribile nome – spiega lo studioso – , non giustiziavano proprio nessuno, ma erano semplicemente gli ufficiali comunali addetti al controllo della “giustezza” dei pesi e delle misure. "Per la circostanza, al termine delle verifiche, tre “picce” di pane erano risultate di peso inferiore alle 5 once stabilite e dunque illegali. Non avendo loro l’autorità legale di sequestrare le tre picce di “pane manco”, i Giustizieri avevano intimato alla moglie del fornaio di tenerle in custodia giudiziale fino all’arrivo del messo comunale. “Pane manco” che, secondo la proceduta statutaria, era poi soggetto a confisca, pubblicamente spezzato e infine distribuito ai poveri: “et talis panis mancus frangatur super platea comunis et detur pauperibus Christi”. Sennonché – ci racconta il dottor Lo Conte –, il giorno dopo, recatisi con il messo al forno per eseguire il loro dovere, non senza stupore avevano constatato che le tre picce di “pane manco” erano sparite. Assente la moglie, avevano allora chiesto al marito dove fossero finite. Fingendo di cadere dalle nuvole, costui aveva candidamente risposto agli ufficiali che la sera prima, tornato stanco e affamato da Livorno e avendo trovato le tre picce di pane sul banco, se l’era mangiate tutte e tre, adducendo maldestramente, di essere ignaro di aver mangiato “il corpo del reato” e dunque le prove della sua colpevolezza, perché non sapeva dell’ordine dato alla moglie di custodire le picce in attesa del sequestro". Come è andata a finire lo si vedrà al termine del processo.
In scena: Marco Romani (il messo comunale); Fabio Schiavetta, il frate francescano dottore di diritto civile e canonico e osservatore delegato del Vescovo; Chiara Innocenti e Francesco Tamburini, i fornai maldestri; Elena Baldi donna del popolo e accusatrice; il giovane Filippo Rindi testimone. A difendere i fornai Fausto Malucchi. Il podestà sarà Antonio Lo Conte, storico del gruppo “I Processati” di Serravalle Pistoiese.
L.M.