GIACOMO BINI
Cronaca

Si leva la voce delusa dei residenti: "Il ponte, un cantiere abbandonato"

La lettera di una imprenditrice esprime indignazione dopo sette mesi di chiusura e nessuna novità. Si aggiunge la Confcommercio: "Ormai un caso emblematico di inefficienza e mancanza di visione".

La chiusura del ponte sulla Bure a. Pontenuovo si protrae ormai da sette mesi con promesse di riapertura da parte della Provincia in date diverse

La chiusura del ponte sulla Bure a. Pontenuovo si protrae ormai da sette mesi con promesse di riapertura da parte della Provincia in date diverse

"Un’abitante di Pontenuovo, stanca di essere presa in giro dalle amministrazioni pubbliche sulla situazione del ponte sulla Bure". Così si firma un’abitante del Pontenuovo, Sandra Nesti Borselli, del negozio Borselli Filati di Pistoia, che leva la sua voce per esprimere l’indignazione dei residenti e degli utenti della Montalese per la chiusura del ponte da quasi sette mesi e soprattutto per la mancanza totale di informazioni da parte della Provincia sullo stato dei lavori. "Nell’ultima riunione avuta con la provincia il 15 aprile scorso – ricorda Sandra Nesti Borselli – fu detto che il problema era da imputarsi alla gettata che necessitava un nuovo carotaggio in più, erano sopraggiunti problemi alle spallette del ponte e il direttore dei lavori aveva richiesto una verifica a tecnici competenti.

"La risposta doveva essere a breve, e il presidente della Provincia Luca Marmo, dopo aver formulato le scuse per il disagio, disse che ci avrebbero avvisato a breve dell’esito. A oggi nessuna risposta e nessun contatto – fa presente Nesti Borselli –. Il ponte è un cantiere abbandonato e non sappiano se e quando riaprirà e con quali modalità. La cittadinanza ha diritto ad avere una risposta nel più breve tempo possibile. Nessuno metteva in discussione il rifacimento del ponte se era pericolante – afferma Nesti Borselli –, ma il modus operandi è stato ed è tutt’ora disastroso.

"La chiusura del ponte – prosegue la residente – si protrae da diversi mesi, con promesse da parte della Provincia di riaperture in date diverse: dal 28 dicembre, al 28 febbraio, al 28 marzo per poi arrivare ad un “termine lavori“ con data da destinarsi. Il paese è diviso in due: genitori da una parte e figli dall’altra. Bambini che vanno a scuola dovendo fare il giro da Chiesina Montalese; persone che hanno attività in città e sono costretti a fare almeno 4 viaggi il giorno (dove da 8-10 minuti di tragitto, siamo passati ai 30 minuti se tutto va bene e non si trovano mezzi incastrati sul ponticino di Chiesina, macchine o pullman in fossa)".

Incredulità e protesta è espressa anche Confcommercio secondo cui: "La vicenda si è trasformata in un caso emblematico di inefficienza e mancanza di visione. Una situazione che si trascina da mesi senza informazioni chiare, tra promesse disattese, rinvii continui e un silenzio che lascia attoniti. A oggi, non esiste una data certa per la riapertura – afferma Confcommercio – un’incertezza che produce effetti gravissimi su tutto il tessuto economico e sociale della zona e non soltanto. Il problema non riguarda più soltanto le attività commerciali della frazione, già duramente colpite dall’isolamento e dal crollo dei flussi: l’intera dorsale della Via Montalese soffre".

Confcommercio richiama anche l’interruzione della tangenziale Est: "Che ha fatto confluire il traffico pesante su una rete stradale fragile, concepita per un utilizzo locale e ora al collasso. Le strade secondarie, inadeguate per sostenere autobus, camion e mezzi scolastici, si stanno sbriciolando e sono percorsi obbligati per migliaia di cittadini. Prive di illuminazione, guardrail e segnaletica catarifrangente, costeggiate da profondi fossati, sono teatro quotidiano di disagi e incidenti.

"Le imprese hanno già pagato un prezzo altissimo – conclude Confcommercio – e i cittadini sono stanchi di promesse senza seguito. Serve un cronoprogramma chiaro, trasparente e vincolante e la volontà di restituire al territorio ciò che gli spetta: infrastrutture sicure, servizi essenziali e rispetto per le persone che ci vivono e lavorano".

Giacomo Bini