"Pari e dispari" entra nel vivo. Vallortigara e ’Il pulcino di Kant’

Quest’oggi la terza giornata della kermesse alla libreria Lo Spazio. Ospiti due studiosi d’eccezione

"Pari e dispari" entra nel vivo. Vallortigara e ’Il pulcino di Kant’
"Pari e dispari" entra nel vivo. Vallortigara e ’Il pulcino di Kant’

Cosa accade nel mondo del piccolo, talvolta infinitamente piccolo; cosa di quel che accade lì assomiglia a quel che invece accade nel nostro di mondi, noi umani? E se le risposte davvero abitassero nello studio di un minuscolo groviglio di neuroni accolto nel cervello del pulcino? È lì che guarda da trent’anni uno degli scienziati più noti a livello internazionale, Giorgio Vallortigara, che ha regalato alla comunità scientifica e non un nuovo saggio, "Il Pulcino di Kant" (Adelphi, 2023). Imprinting, conoscenza, apprendimento: i pulcini, dice Vallortigara, dicono molto perché già dall’attimo che segue la schiusa dimostrano chiari indizi sulla presenza di un cervello che sa, lavora, è in grado di riconoscere. Sua la poltrona del secondo incontro di oggi (ore 18.30) a Lo Spazio nell’ambito del festival "Pari e dispari", sostenuto da ChiantiBanca con il portale Luce! quale media partner.

Partiamo dalle presentazioni: chi è il Pulcino di Kant?

"Un animale modello che utilizziamo da più di vent’anni per fare ricerca. È un modello che può apparire strano, considerando che lo stereotipo comune è quello dello scienziato che sperimenta coi topolini. Sono particolarmente interessato a capire cosa ci sia nella testa delle creature prima della fase di apprendimento. Ammesso che ci sia qualcosa. E le specie a prole precoce, cioè con figli in grado di comportarsi già appena nati, sono ideali a perseguire questo scopo. Una parte del mio libro è dedicato anche allo studio dei neonati, assai più complesso. Anche perché le loro azioni appena venuti al mondo si limitano a piangere, dormire, espletare le funzioni corporali".

Alla fine, quel tanto bistrattato ‘cervello di gallina’ così inferiore non è….

"Assolutamente no. Ciò vale anche per tutti i vertebrati e per gli insetti. Quel che abbiamo imparato negli anni è che le prestazioni intellettuali e cognitive di quasi tutti gli animali sono molto sofisticate e ciascuno di questi animali ha le sue specializzazioni, cose in cui è molto bravo a fare. E spesso anche più di noi. Ci distinguiamo nel linguaggio e nel pensiero simbolico ma non saremmo mai in grado di comunicare con un sonar come fa un pipistrello. Non saremmo capaci di riconoscere gli oggetti indipendentemente dalla loro collocazione spaziale come fa un piccione. Fare confronti tra specie in tema di intelligenza è difficile perché questa non è un monolite ma è un insieme di capacità e abilità diversi".

Esistono altri stereotipi riguardanti il mondo animale che sarebbe opportuno smontare?

"A me piace riferirmi a stereotipi positivi che non hanno ragion d’essere. Tutti sono convinti che i delfini siano super intelligenti. Una fama aumentata da dal loro sorriso. Che sorriso, per assenza di muscoli, non è. Assai fraintesa è la storia secondo la quale il loro cervello sia grande. I loro neuroni sono molto sparsi, ma non densi. Densi sono i neuroni degli uccelli, al punto che a parità di quantità di tessuto in un grammo di cervello di gallina ci sono il doppio dei neuroni rispetto allo stesso grammo di cervello di scimmia. Allora come mai hanno volumi così grandi per un numero di neuroni così ridotto? Perché possiedono molte cellule gliali utili alla termoregolazione. A tenere il cervello al caldo. Niente a che vedere con l’intelligenza".

La coscienza è una questione del solo genere umano?

"L’argomento è controverso. Non abbiamo strumenti per accedere alla coscienza altrui, neppure dei nostri simili. L’idea che mi sono fatto è che gli animali sentano qualcosa. I loro sistemi nervosi sono molto diversi dal nostro. Rudimentali. Ma esistono esperienze basilari, come il dolore, legate alle semplici attività dei centri subcorticali che non richiedono l’impiego di regioni sofisticate e quindi sono ‘accessibili’ anche agli animali. Una cosa è argomentare che un animale abbia esperienza cosciente, altra è dire che quei contenuti siano gli stessi in animali diversi. Non sono meglio o peggio. Sono diversi".

Cervello maschile e femminile: che dicono i suoi studi?

"Tra i due cervelli esistono differenze e sarebbe sorprendente che non fosse così. Ma di nuovo: ‘differenze’ non significa meglio o peggio, significa solo differenze. Poi subentra la statistica, il dato medio, ed è provato che alcune cose possono riuscire meglio ad alcuni. Prendiamo le abilità visuo-spaziali, quelle che si manifestano quando si deve parcheggiare l’auto. È vero che ci sono test di laboratorio che parlano di abilità realmente più sviluppate nel maschio. Ed è vero che in certi test lessicali, mediamente e statisticamente le femmine sono più brave. Ma questo non significa che la signora che incontrerò per strada sarà pessima nel parcheggiare e ottima nell’attività lessicale".

linda meoni