
Ristori che assomigliano più a elemosine, l’assenza di associazioni rappresentative in grado di creare coesione e quindi amplificare il grido della categoria, ma soprattutto un non più tollerabile caos normativo. Non c’è un’idea di futuro per il mondo delle palestre, ultimo anello della catena della ripartenza. La data sul piatto, ma ancora ipotetica, è il 5 marzo con alcune disposizioni paventate dal Comitato tecnico scientifico – lezioni individuali, niente doccia e una manciata di metri quadri calcolata per singola persona – e la palla passata al nuovo Governo. "Lavoriamo in one to one da sempre – commenta Veronica Agostini per Evo, circa 300 clienti per una decina di dipendenti –, l’ipotesi riapertura con lezioni individuali non cambierebbe il nostro approccio. Ma se il ritorno in presenza dovesse slittare ancora, anche il 2021 sarebbe compromesso. Allora un 30-40% delle palestre chiuderà per sempre. Lezioni on line? Le teniamo, ma solo per dare un servizio". Virtuale al momento è l’attività di punta almeno per palestra Universo, dove "le cose vanno bene, ma – confermano – attendiamo l’attività in presenza, a qualsiasi condizione", mentre per realtà più piccole, come lo Spazio donna di via Borgo Viterbo, rappresenta il 10% del fatturato.
"È una soluzione che proponevamo anche prima della pandemia – spiega Simone Bertugelli che tra le fila della palestra conta 600 iscritte –, per il resto proviamo a proseguire con attività outdoor. Il 5 marzo? Un’altra illusione e la riapertura con lezioni individuali nient’altro che un modo per incidere pesantemente sul personale. Anche il capitolo ristori è deprimente, lo scorso anno abbiamo avuto 3.800 euro dalla Regione per l’adeguamento al piano Covid che per noi ha significato un nuovo impianto di aerazione da 30mila euro. Ma peggio di noi stanno le realtà veramente più grandi. Nell’ultimo periodo abbiamo ricevuto proposte per rilevare diverse altre palestre".
Non hanno neppure fatto in tempo ad aprire che subito hanno dovuto chiudere al Crossfit 51100, 600 metri quadri in Sant’Agostino: "Siamo qui dal 1° aprile 2019, non intendiamo arrenderci ora, ma certo così è complicato – spiega la socia Giada Donati –. Fa rabbia vedere che le norme vengono decise da chi del settore non sa nulla: il distanziamento qui esiste da sempre, è la disciplina del Crossfit che lo impone. Da noi ‘affollamento’ erano 20 persone in 600 metri quadri. Gli ultimi soldi dallo Stato sono arrivati il 4 dicembre, quattromila euro per sette mesi di chiusura. Una beffa".
Non ha intenzione di mollare neppure Nicola Andreini che il suo spazio in via dei Macelli, Solo lei, l’aveva aperto appena a settembre, mentre per l’attività di crossfit ra in attesa di trovare una nuova sede: "Chi coinvolgo in questo rischio? E cosa andiamo a scrivere sul contratto d’affitto, ammesso che si trovi chi vuole affittarcelo? Non mi sento di trattare adesso, pensando per di più di dover avviare anche tutto l’iter negli uffici territoriali che sembra quasi vogliano porre degli ostacoli. Lo preciso: non sono queste situazioni che mi fermano, ma tutto questo mi fa pensare. La categoria palestre paga la mancanza di coesione".
linda meoni