LUCIA AGATI
Cronaca

Padre Simone, da Monza a San Francesco "Qui ho scoperto l’umiltà dei Cammini"

"La parrocchia vive i momenti di fede con grande partecipazione. Non c’è stato il grande calo che ci si aspettava con le riaperture"

di Lucia Agati

Nel maestoso silenzio della chiesa di San Francesco i padri di Bétharram si riuniscono in preghiera tre volte al giorno, nel loro oratorio. Sono gli unici momenti che riservano a sè stessi perchè per tutto il resto della giornata sono dedicati alla comunità parrocchiale che vive un fermento nuovo dopo le chiusure. Una luce che non si è affievolita in un tempo di troppe ombre e che splende ancora di più in queste settimane di Avvento. E’ con padre Simone Panzeri, che parliamo di tutto quello che si compie dentro, e fuori, della chiesa intitolata al Santo più amato. Padre Simone ha 43 anni ed è originario della provincia di Monza, ma per ora è pistoiese. Nel suo paese d’origine è difficile che torni, ma sono i suoi genitori che scendono, appena possono. Appartiene alla Congregazione del Sacro Cuore di Gesù di Bétharram da quando aveva 19 anni, ma con il cuore, anche da prima. E’ fondata sul carisma dell’obbedienza, al servizio della Chiesa, in ogni necessità.

La comunità parrocchiale di San Francesco ha ritrovato la sua operosa vivacità?

"C’è un bel movimento di fedeli. Le messe sono molto partecipate e non abbiamo avuto quel grande calo che ci si aspettava con la riapertura. L’unica difficoltà, se così si può dire, per una chiesa che appartiene al centro della città, è intercettare quelle presenze che si fermano soltanto per la messa, ma non fanno parte della comunità parrocchiale. Per cui c’è una comunità che è quella storica, ma è difficile rintracciare gli altri. Ma questo, comunque, si verifica in tutte le chiese che si trovano nella città".

Quali segni ha notato dopo la riapertura?

"La disponibilità a ricreare relazioni. E lo abbiamo notato soprattutto nei bambini e negli adolescenti. Prima del covid c’erano delle difficoltà. Avevano sempre il cellulare in mano. Ora non più. Questo è un aspetto che è radicalmente cambiato. Hanno fame di relazioni, di condivivere il tempo, di chiacchierare. Le relazioni sono importanti, e questo è un segno bello"

Come si manifesta la solidarietà verso gli altri?

"L’attenzione ai poveri è molto alta. E’ una sensibilità grande che notiamo nella gente, il bisogno di farsi vicino. Il pacco alimentare arriva da tutti, prima erano soprattutto i più giovani a portarlo, ora anche gli adulti. Perchè sono tante le persone che bussano e chiedono, in ogni momento. Una ventina sono presenze fisse che aiutiamo anche grazie alla Caritas, più altri che ruotano, e altri ancora che conosciamo attraverso i rapporti di vicinato. E se qualcuno si vergogna a venire a chiedere aiuto, andiamo noi a casa".

Come vi state preparando al Natale?

"I momenti di preghiera saranno quelli della Novena di Natale a partire dal 16 dicembre, con un momento di catechesi il 20 dicembre. Per i più piccoli abbiamo ripristinato, dopo due anni, l’accoglienza dei Re Magi. Prima c’erano recite e concerti, ma c’è ancora un po’ di paura. Così, la mattina del 6 gennaio, alle 10, arriveranno in chiesa i Re Magi che parleranno con i bambini. E’ come la conclusione di un percorso. Fino a ora, una domenica al mese, un genitore interpretava un personaggio della Bibbia che veniva intervistato dai bambini".

Lei è stato a Bari, a Roma e poi è arrivato a Pistoia, ha vissuto realtà molto diverse...

"Viaggiare aiuta a rimodularsi e questo arricchisce, perchè si viene in contatto ogni volta con uno stile diverso. Perchè il rischio che corre un parroco è la sindrome dell’Apocalisse: “Io faccio nuove tutte le cose“. Il primo passo è conoscere quello che c’è. A Bari la Settimana Santa e la devozione ai Santi e ai Misteri sono profuse da una religiosità popolare molto viva. Qui credo che ci sia un modo di vivere la fede in modo diverso. Bisogna mettersi in ascolto della realtà mettendo alla base le difficoltà che si riscontrano. In Italia questa difficoltà è avvicinare i giovani. Bisogna incontrare il Signore in maniera più viva, e più calda".

Come è nata la sua vocazione?

"E’ nata in famiglia, perchè i miei genitori erano già legati a Bétharram già dalla loro preparazione al matrimonio. Crescendo si sono fatte avanti le domande sul senso della vita e ho scelto di conoscere meglio la spiritualità dei Betharramiti. Sono entrato in congregazione a 19 anni. I momenti di gioia sono stati l’ingresso in seminario, accompagnato dai miei genitori, quando sono entrato a Roma per il noviziato e l’esperienza dell’ordinazione sacerdotale, a Como, nel Duomo".

Cosa ha riscoperto a Pistoia?

"I Cammini. Qui li ho fatti quasi tutti. Da Montemurlo a Santiago, poi San Jacopo, San Bartolomeo, la via Francesca della Sambuca, da San Pellegrino al Cassero, e nel 2022 torneremo a Santiago con la Diocesi. E’ una esperienza di fede iniziata qui. Consente di riprendere un ritmo più calmo, per riflettere. C’è la fatica, c’è la scelta di cosa portare che fa meditare sull’essenziale. Aiuta a chiedere aiuto, ed è quindi un momento di umiltà".