
Pistoia, 15 giugno 2024 – L’ultima cosa che Ottavina Maestripieri ha visto è stato il volto del figlio, Patrizio Ruscio, che si è avventato su di lei, mentre era ancora nel suo letto, prima di morire soffocata per mano della persona che aveva aiutato nonostante tutti i suoi problemi per tutta la vita. Era l’alba del 1 giugno di un anno fa. Aveva da poco compiuto 90 anni, Ottavina, una vita fatta di sacrifici, che l’avevano portata a conquistare un discreto benessere, anche grazie a quel negozio di bomboniere in via Monteverdi, aperto proprio sotto casa, che l’aveva fatta conoscere ed apprezzare in città. Un patrimonio di cui la famiglia aveva goduto per un po’, ma che era stato poi in gran parte dilapidato dal figlio, Patrizio Ruscio, ragioniere, che nel tempo aveva collezionato debiti e guai giudiziari. Lei lo aveva sempre aiutato, dandogli tutto ciò che aveva. Non gli aveva mai detto di no. Mai fino a quella mattina. Lui era lì per comunicarle che i soldi erano finiti, anche quelli per pagare l’affitto di quella casa e forse per chiederne a lei. Ne era nato un litigio. Lui, infine, l’aveva soffocata, uccidendo proprio "la persona che lo aveva aiutato sempre", come lui stesso avrebbe detto davanti ai giudici: lei si era difesa fino all’ultimo, ferendolo al volto.
Per quel terribile omicidio, ieri pomeriggio, Patrizio Ruscio, oggi 61 anni, è stato condannato in primo grado a ventitrè anni di carcere. A leggere la sentenza sono stati i giudici della Corte d’Assise di Firenze, presidente Silvia Cipriani, dopo due ore di camera di consiglio. Presente in aula lo stesso Ruscio, con il suo avvocato Francesco Stefani di Firenze.
Il pubblico ministero Leonardo De Gaudio, che ha diretto le indagini dei carabinieri del Reparto Operativo del Comando provinciale e della Stazione di Pistoia, al termine della sua requisitoria, ieri mattina, aveva chiesto una condanna a ventidue anni: ventuno anni per l’omicidio volontario, aumentato di un anno per il reato di evasione e per indebito utilizzo delle carte di credito. Partendo dunque dal massimo della pena per questo reato, sono state riconosciute dunque le aggravanti (il vincolo di parentela con la vittima e della minorata difesa) come equivalenti rispetto alle attenuanti generiche. Come si ricorderà, la mattina del primo giugno di un anno fa, Patrizio Ruscio era uscito all’alba, violando la detenzione domiciliare alla quale era sottoposto in esecuzione di altra pena e si era presentato nella casa dove viveva la madre e di cui aveva le chiavi. Evase di nuovo dai domiciliari cinque giorni dopo, quando i carabinieri si erano presentati a casa sua per notificargli l’aggravamento della misura decisa dal Tribunale di sorveglianza di Firenze, alla luce della prima evasione. Dopo il delitto, avrebbe poi usato la Postepay della madre per prelevare alcune centinaia di euro.
“Una sentenza che ci aspettavamo in primo grado – ha commentato l’avvocato Stefani – Ricorreremo in appello, per chiedere che sia riconosciuta la prevalenza delle attenuanti sull’aggravante. Inoltre, abbiamo avviato l’accordo di risarcimento nei confronti dei nipoti della vittima".