
Morì sulle piste di Abetone "I gestori responsabili"
"L’unica responsabilità per la morte di Daniele Monti è di chi il 24 gennaio del 2018 non segnalò il pericolo e non chiuse la pista Zeno Uno, su cui l’esperto sciatore trovò la morte, cioè dei gestori. Doveva essere una giornata di festa, invece è stata la giornata che ha segnato una tragedia". Ieri mattina nell’aula Signorelli del tribunale di Pistoia, sono stati gli avvocati di parte civile Giovanni Giovannelli e Giovanni Flora a parlare, nel processo per la morte di Daniele Monti, che vede imputati per omicidio colposo Giampiero Danti, nella sua veste di responsabile del consorzio Abetone Saf e Pietro Nizzi, quale responsabile e addetto al controllo delle piste, entrambi difesi dall’avvocato Massimo Panazani di Lucca. Daniele, che aveva 51 anni e lavorava come impiegato in un’azienda di macchine agricole di Montecarlo di Lucca, la ditta Tarabori, quella mattina stava sciando in compagnia del figlio Mattia, oggi giovane medico di Montecatini. Durante la discesa della Zeno Uno, che nessuno dei due aveva mai intrapreso prima, Daniele finì su un lastrone di ghiaccio: un volo che lo portò contro un albero, un impatto che gli fu fatale. Per quella morte, il pm Giuseppe Grieco ha chiesto per entrambi gli imputati una condanna a quattro anni di carcere per omicidio colposo.
"La morte di Daniele Monti – ha spiegato nel suo intervento l’avvocato Giovannelli – si è verificata unicamente per responsabilità dei gestori che quel giorno, stante le condizioni della neve ghiacciata e pericolosissima e stante le difficoltà della pista Zeno 1, avrebbero dovuto chiudere la pista; e comunque avrebbero dovuto mantenere la segnaletica prescritta per legge – la palinatura – di delimitazione del percorso della Zeno 1 sul lato sinistro scendendo, in modo da permettere agli utenti di comprendere e valutare la reale conformazione del tracciato, e soprattutto distinguere quale fosse la sede della pista stessa, rispetto al fuoripista. Queste omissioni sono state la causa della morte e nessuna imprudenza può essere ascritta alla vittima". "Quel giorno non era presente nessun segnale che indicasse la chiusura della pista – ha ribadito l’avvocato Flora – tanto che a un certo punto non si sapeva più dove andare". L’avvocato Giovannelli ha richiamato "la legge quadro L. 3632003, che detta norme in materia di sicurezza nella pratica non agonistica degli sport invernali da discesa, e stabilisce che i gestori debbano assicurare agli utenti la pratica dell’attività sportiva in condizioni di assoluta sicurezza, sicurezza non assicurata nella fattispecie, per mancanza della prescritta segnaletica; segnaletica prescritta anche dal regolamento del Comune di Abetone". Gli avvocati hanno chiesto la condanna degli imputati e una provvisionale immediatamente esecutiva per la moglie e per i figli.
Martina Vacca