REDAZIONE PISTOIA

Morì contagiata nella Rsa "No alla archiviazione"

Il caso è quello di un’anziana di 83 anni che fu ricoverata al San Jacopo. Nella struttura ci furono 12 decessi. L’avvocato Ballati: "C’è stata responsabilità".

Il focolaio nella struttura scoppiò alla fine di ottobre del 2020, nella seconda ondata Covid. Decine i contagi tra operatori sanitari e ospiti. E alla fine furono 13 le persone anziane che morirono, dopo essersi contagiate. Tra queste anche un’anziana pistoiese, di 83 anni, che si spense nel reparto Covid di terapia intensiva dell’ospedale San Jacopo di Pistoia. Era il 3 novembre 2020, all’epoca del secondo lockdown. Per quella morte la famiglia della donna ha presentato una denuncia e la Procura ha aperto un fascicolo, indagando il legale rappresentante di una Rsa della montagna pistoiese, con l’accusa di omicidio colposo, per non aver vigilato sulla salute degli anziani e non aver adottato le misure di prevenzione e contenimento dell’epidemia.

Ieri mattina davanti al giudice per le indagini preliminari Luca Gaspari si è svolta l’udienza in cui si è discussa la richiesta di archiviazione del caso, presentata dal pubblico ministero Linda Gambassi, titolare del fascicolo. Richiesta rispetto alla quale il legale della famiglia dell’anziana , l’avvocato Arianna Ballati del foro di Pistoia.ha presentato opposizione.

"Il giudice si è riservato – ha fatto sapere l’avvocato Ballati al termine dell’udienza – per i miei assistiti è importante che si vada in fondo alla verità, perché quella morte è stata molto dolorosa ma soprattutto il modo i cui è avvenuta". "La famiglia dell’anziana – spiega l’avvocato Ballati – è venuta a conoscenza del focolaio scoppiato all’interno della struttura solo dalla stampa e dalla tv locale. In un primo momento, secondo quanto abbiamo ricostruito, sarebbero state taciute le reali condizioni dell’anziana, che si era contagiata. In quel periodo infatti, erano state di nuovo vietate le visite dei parenti, e dunque ogni informazione veniva comunicata dagli operatori sanitari alle famiglie solo per telefono. I parenti della signora chiamavano tutti i giorni, ma gli operatori continuavano a rassicurarli dicendo loro che la paziente era positiva ma asintomatica".

Poi la situazione sarebbe precipitata in poche ore. "La mattina di domenica 25 ottobre 2020 – ricostruisce per noi l’avvocato Ballati –, la famiglia della donna aveva avuto un bollettino medico rassicurante nel quale si diceva che la nonnina non aveva la febbre. Nemmeno due ore dopo, i famigliari venivano contatti perché la situazione della signora era diventata critica e si rendeva necessario l’immediato trasferimento in ospedale, per il quale appunto chiedevano l’autorizzazione: la diagnosi era quella di una grave insufficienza respiratoria. Diagnosi confermata anche al decesso, avvenuto pochi giorni dopo, il 3 novembre".

M.V.