
L’ingresso del presidio Piot di San Marcello dove. sono in corso lavori di ammodernamento all’esterno
È intrisa di un’amarezza difficile da descrivere, la lettera che ci ha inviato un cittadino disabile residente sulla Montagna pistoiese, dopo aver ricevuto, o meglio non ricevuto, un trattamento sanitario. "Sono residente sulla Montagna Pistoiese e sono disabile in carrozzina – racconta l’uomo -. Il 15 maggio, mi sono recato presso la Casa di Comunità di San Marcello Pistoiese per sottopormi a un’ecografia ai reni e alla vescica. L’ambulatorio, situato all’interno del tanto decantato ed unico Presidio Integrato Ospedale-Territorio (Piot), dove coesistono, o meglio dovrebbero coesistere in armonia la Casa di Comunità, il Punto di Primo Soccorso (PPS) e un reparto ospedaliero di Medicina. Giunto puntuale alle ore 14:40 accompagnato da mia moglie, mi sono trovato di fronte a un medico ecografista che, con grande professionalità ma altrettanto imbarazzo, mi ha comunicato di non essere stato avvertito che fossi in carrozzina. Non era presente alcun operatore in grado di aiutarmi a trasferirmi sul lettino, rendendo di fatto impossibile l’esame in condizioni ottimali. Il medico ha provato comunque a farmi l’ecografia da seduto, ma con risultati parziali e insufficienti. A quel punto, mi è stato consigliato di farmi cambiare il catetere. Ma, recatomi al piano inferiore del medesimo edificio, presso il Punto di Primo Soccorso, ci siamo sentiti rispondere che tale prestazione non veniva eseguita lì, e che avrei dovuto recarmi a Pistoia. Nonostante questo, per poter arrivare prima che l’urologo finisse il turno ho dovuto prendere la mia macchina, direzione San Jacopo. Contemporaneamente mi è stata rilevata un’alterazione della temperatura. Alle 22 di sera sono rientrato a casa distrutto, dopo ore di disagi, attese e spostamenti, da febbricitante. Tutto questo per un esame ambulatoriale che, in una sanità ben organizzata, avrebbe richiesto mezz’ora. Ciò che è accaduto non è un incidente, ma il sintomo di un’organizzazione carente. Una disumanizzazione strisciante che colpisce chi è già più esposto, trasformando il diritto alla cura in una prova di resistenza. Servono personale, formazione, coordinamento. E serve rispetto per le persone". Andrea Nannini