La nuova opera di Drovandi: "Sono sempre un ’piro doc’"

Nel finale di "Guance rosse" l’attore pistoiese omaggia il cult "Sapore di Mare"

La nuova opera di Drovandi: "Sono sempre un ’piro doc’"

Enio Drovandi

PISTOIA

A settant’anni, festeggiati giusto tre giorni fa, Enio Drovandi, per dirla con le sue parole, è orgogliosamente "un piro doc". "Vivo nella Capitale, ma se potessi andrei in giro col cartello sono un piro doc. Nel mio cuore, Pistoia è quella di sempre; poi mi guardo attorno e vedo strade e semafori nuovi, le rotonde che mi fanno perdere dieci minuti…". In queste settimane sta promuovendo il suo nuovo film, "Guance rosse", una iniziativa sociale no profit finanziata da ASI Spettacolo dedicata a mamma Enia e babbo Tiberio. Il progetto è distribuito gratuitamente sul web e sulle piattaforme, nelle periferie, nelle scuole e nei circoli culturali. Si raccontano le emozioni e i valori degli anni Settanta. Nel finale, si omaggia il cult "Sapore di Mare", nel quale interpretava il fotografo Cecco. "Racconto anche la mia adolescenza: famiglia, amicizia, sentimenti, gli anni trascorsi nel chiosco in piazza Mazzini, le feste in casa. Ho attinto ai ricordi pistoiesi". Desidererebbe portare il film in città. "Ne sto parlando con sindaco e assessore: vedremo". Pistoia, come il resto del mondo, è cambiata: soprattutto nelle persone.

"Un tempo c’erano le fazioni: i globini, quelli di piazza Mazzini... Oggi servirebbe il mio chiosco per fare aggregazione. Come dico nel film, ‘per guardare al futuro, non si deve dimenticare il passato’. A Paola Barzi, bravissima attrice di teatro e mia moglie nel film, faccio notare: ‘un tempo si scrivevano quattro pagine di lettera d’amore, oggi tvb su Whatsapp: ieri c’era il telefono fisso, oggi si fissa il telefono’. I ragazzi si divertono con il consumismo estremo: non si guarda più la semplicità. Il politicamente corretto? Non sono le parole a essere sbagliate, è come si dicono le cose. Amore non è maschile né femminile: è universale".

E la Pistoiese, la squadra del cuore? "Essere tifosi arancioni significa combattere alla Don Chisciotte, da umili contro il resto del mondo. Mi pare abbia preso un andazzo buono: mi sono messo a disposizione, se servisse. E avrei anche scritto una storia di calcio e d’amicizia, un cortometraggio per raccontarla". Quarantatré anni di carriera: il primo film a fine ’81, "I miracoloni", regia di Massaro. "Mi incoraggiarono Nilo Negri della Nazione, Renzo Arbore e Roberto Benigni. Chi sono? Un anonimo famoso: il caratterista è immortale: gli attori muoiono, i personaggi restano. Ai pistoiesi auguro di continuare a essere meravigliosi piri doc, alla Pistoiese di avere un vessillo egiziano, affinché torni ai fasti del Faraone (il soprannome del presidentissimo Marcello Melani, nda)".

Gianluca Barni