Prima che allenatore o dirigente sportivo, Andrea Bonfiglio (nella foto a destra) è un educatore. Un portatore di sani valori, da trasmettere ai giovanissimi atleti. Il nativo di Quarrata, oggi direttore tecnico della scuola calcio del Paperino San Giorgio, ha deciso di intraprendere questo percorso ormai da anni. Fin da quando era al Jolly Montemurlo, con la cui squadra classe 2005 si è recato al campo di concentramento di Dachau in occasione di un torneo in Germania. Fra le altre iniziative per la sensibilizzazione alla lotta al razzismo e alle discriminazioni delle quali Bonfiglio - con le società di appartenenza - si è reso protagonista, si ricordano anche le visite al Museo della Deportazione di Figline assieme agli allenatori e ai giovani calciatori del Montemurlo, oltre ai loro genitori; la partecipazione al progetto "Social Board" nei panni di tecnico della squadra "Pulcini" del Paperino San Giorgio, che ha visto la presenza di minori appartenenti a un campo nomadi locale, e l’adesione ai progetti "Un gol non ha colore" e "Un calcio al Bullismo" per favorire l’inclusione nello sport.
E’ per tutte queste azioni che nella giornata di martedì, presso il centro Elis a Roma, Bonfiglio è stato insignito del "Premio in memoria di Emiliano Mondonico", riconoscimento di rilievo nazionale istituito nell’ambito del Progetto Sport e Integrazione, realizzato da Sport e Salute (società statale di supporto alle attività del Coni) con il Ministero del Lavoro e il Ministro per lo Sport e i Giovani. Un premio questo che si ispira alla figura di Emiliano Mondonico, calciatore e allenatore con trascorsi in club come Napoli, Fiorentina, Atalanta, Cremonese e Torino, che è stato capace, con il suo operato, di farsi portavoce della dimensione partecipativa dello sport.
Un po’ quello che piace fare pure al direttore tecnico del Paperino San Giorgio, nonché allenatore Uefa B con formazione presso la Juventus University di Vinovo. "Ricevere questo riconoscimento rappresenta una soddisfazione immensa: mi ripaga dell’impegno e dei numerosi sacrifici fatti in oltre 15 anni d’attività calcistica - racconta Bonfiglio, che ha cominciato la propria carriera nel Seano - Ma è anche una spinta per continuare questo tipo di lavoro. Spesso si viene premiati per i risultati sportivi, mentre a quelli sociali si dà meno attenzione. Per quanto riguarda il mio trascorso, ho sempre voluto lavorare con i giovani perché vedo nello sport uno strumento educativo importantissimo. Mi piace essere una figura di riferimento per i ragazzi".
In un mondo del calcio - e in generale dello sport - che settimanalmente registra episodi di violenza a livello di partite giovanili (non ultimo quello relativo all’aggressione a Stefano Turchi), ci sarebbe bisogno certamente di più persone come Bonfiglio. "Sono atti che lasciano di stucco. Per limitare certi accadimenti, servirebbe ideare un percorso di formazione maggiormente impattante rispetto a quello attuale, trovando assieme alla Figc una formula per far partecipare più soggetti agli incontri che stagionalmente vengono organizzati dalle scuole calcio per atleti, genitori e dirigenti. Le adesioni non sono mai così numerose da parte dei genitori a causa degli impegni lavorativi".
Francesco Bocchini