
Il ricercatore pistoiese Giacomo Guazzini
Pistoia, 3 novembre 2019 - Quella porzione d’affresco che ritrae gli ’Uomini illustri’ – tra questi si ipotizza la raffigurazione di Dante Alighieri, il Boccaccio, forse la ‘gloria patria’, Cino da Pistoia – oggi posizionato nel refettorio del convento di San Domenico e realizzato da un ignoto pistoiese intorno al 1330, un tempo dimorava altrove e più precisamente all’altare Baldinotti in una delle navate del convento stesso.
Ma ciò non basta a ricostruire il passato glorioso di quest’opera: l’affresco originale d’appartenenza era assai più vasto e, seguendo l’attento incrocio di tutta una serie di dati, potrebbe rappresentare uno dei primissimi e rari esempi di Gloria a San Tommaso d’Aquino realizzati in Italia, quarto di tre casi esistenti in Italia, uno dei quali risalente a un decennio prima ad opera di Lippo Memmi per i Domenicani di Santa Caterina a Pisa. Ritrovato nel 1930 e strappato dalla sua sede originaria nel 1946, quest’affresco ha subito l’usura del tempo mostrandosi in tutta la sua fragilità. Ma uno studio accurato, ora alle sue fasi conclusive, condotto dal ricercatore pistoiese Giacomo Guazzini del Kunsthistorisches Institut di Firenze ha permesso di formulare interessanti ipotesi. Tutto parte da un documento datato 1457 custodito alla biblioteca Forteguerriana, l’Obituario di fra Battista, che ha aiutato Guazzini a ricostruire l’originario posizionamento delle sepolture e degli affreschi all’interno della chiesa trecentesca, molti dei quali oggi definitivamente scomparsi. Ulteriore contributo alla ricerca l’hanno dato alcune fotografie concesse dalla Soprintendenza fiorentina e mai considerate prima, una databile tra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento quindi antecedente lo strappo, l’altra del maggio 1974, e alcuni frammenti superstiti. Unendo le tessere come fosse un complicatissimo puzzle, Guazzini in anni di ricerca ha ricostruito il volto reale della navata conventuale, restituendo all’immaginazione una ricchezza artistica di grande prestigio e valore.
Non secondario il lavoro che il ricercatore ha condotto su un trittico ad affresco anch’esso staccato presente in refettorio, la Madonna col Bambino tra i santi Domenico e Giovanni Evangelista. La sua mano ancora ignota, potrebbe essere per Guazzini quella di Antonio di Borghese, pisano, confermando così quel filo sottile ma costante che legherebbe l’arte domenicana pistoiese a quella pisana. Il risultato di quanto studiato è emerso nei giorni scorsi nella due giorni di studi dal titolo ’Stacchi, strappi e nuovi ritrovamenti’ organizzato dall’Opera per Santa Maria Novella, cui Guazzini ha partecipato in veste di relatore portando all’attenzione il caso pistoiese. Prima di oggi, l’argomento era stato protagonista di un capitolo dedicato sul giornale di cultura artistica ’Opera Nomina Historiae’. «In tema di domenicani e pittura murale di fatto a oggi manca una indagine approfondita sul caso pistoiese – ha concluso Guazzini –. Quanto emerso durante queste indagini conferma però la vivacità intellettuale e artistica del centro domenicano pistoiese».
Da tempo Guazzini si è concentrato, sempre grazie al supporto dell’Istituto tedesco di storia dell’arte di Firenze, sulla realtà pittorica padovana, scoprendo prima un dimenticato affresco giottesco nella basilica di Sant’Antonio e poi lavorando a una importante ricerca che ha ipotizzato l’esistenza di una seconda cappella Scrovegni nella stessa basilica. Quella pistoiese al momento per Guazzini non è che una parentesi coltivata per passione e amore per la propria città nei ritagli di tempo dal lavoro condotto per conto della realtà tedesca. Parentesi che potrebbe ben presto trovare maggiore approfondimento in un ciclo di conferenze dedicate che dovrebbero tenersi a Pistoia.