
Dieci adulti hanno partecipato al rito. e si sono inginocchiati davanti ai ragazzi e alle ragazze in una chiesa piena di gente che ha assistito con devozione e silenzio
Lavanda dei piedi a dodici ragazzi nel ruolo degli apostoli dell’antico rito come segno potente di attenzione al mondo dei giovani troppo spesso poco ascoltato. A lavare i piedi ai ragazzi, dai 12 ai 14 anni di età, oltre al preposto Don Paolo Firindelli, anche dieci adulti in rappresentanza della comunità montalese. "I giovani spesso urlano e disturbano la quiete – ha detto Don Paolo in un’accorata omelia – ma non hanno voce, sono i più insignificanti nelle graduatorie di coloro che contano".
Anche le tendenze demografiche confermano le preoccupazioni del preposto di Montale, vista la progressiva diminuzione del numero dei giovani nella società italiana, e anche mondiale, con il conseguente minor peso delle loro esigenze anche a livello politico ed elettorale. "Gesù lavò i piedi a Giovanni, il più giovane degli apostoli – ha ricordato Don Paolo – per indicare la strada. Servire i giovani significa ascoltarli, deporre il paternalismo di chi dice “quando sarai grande capirai“, parole vuote come chi le pronuncia".
Il primo appello di don Paolo è: "Accompagnare i ragazzi con fiducia perché spesso sono sfiduciati e stanchi e attendono qualcuno disposto a curvarsi in atteggiamento di comprensione". Il secondo è di "non avere paura di un mondo nuovo e differente perché non lo comprendiamo" senza guardare indietro, ma facendo "un passo avanti con uno sguardo benevolo verso i giovani che sono portatori sani del virus del cambiamento".
Così, per simboleggiare questo atteggiamento di servizio, i dieci adulti che hanno partecipato al rito, si sono inginocchiati ciascuno di fronte a un ragazzo o a una ragazza e hanno lavato e baciato i loro piedi nudi. Tutto è avvenuto in una chiesa piena di gente che ha assistito con devozione e silenzio a un rituale più suggestivo di qualsiasi parola.
Don Paolo ha voluto quasi lanciare una sfida alla collettività montalese con una serie di incalzanti interrogativi: "Siamo capaci di investire a lunga scadenza sulla fragilità dei sogni? Siamo capaci di accogliere il nuovo, l’imprevisto, senza straccarci le vesti, senza additare e mormorare? Siamo capaci di andare incontro a un futuro che non corrisponde ai nostri schemi? Oppure sono il passato e il tornaconto ad ancorarci al presente?".
Un messaggio pasquale che interpella le coscienze in una comunità come quella montalese che anche recentemente ha avuto a che fare con fenomeni di disagio e anche di devianza giovanile. Poiché, come dice Don Paolo, "le gioie e i dolori più grandi li incontriamo in casa e sono i nostri figli" la prepositura di Montale ha organizzando un ciclo di incontri su varie tematiche educative, i cui incontri proseguiranno anche dopo Pasqua.
Giacomo Bini