Il signore dei gong e dei piatti musicali . Ma il sogno di Luigi è il museo delle note

Un viaggio nella storia attraverso tre secoli. Dai Tronci maestri organari alle percussioni di una fabbrica unica, un’eccellenza mondiale. E nella Fondazione ci sono le campane delle opere liriche più amate.

Lucia

Agati

Nelle sue vene scorre la musica, e scorre la Storia. E scorre il Genio. E’ nipote, per parte di madre, di Giovanni Michelucci. Gli somiglia, con quello sguardo serio, acuto e pensieroso. Pensa sempre, Luigi Tronci, in un’altalena continua che oscilla tra passato e presente. Pensa alle meraviglie create dalla sua famiglia di maestri organari e poi di maestri assoluti dei piatti musicali. E pensa al più grande progetto della sua vita: una sede per la Fondazione che porta il suo nome. Luigi sogna uno spazio di almeno tremila metri quadri dove si faccia musica, dove viva il suo centro di documentazione, con trecentoquaranta anni di documenti inestimabili, e una mostra permanente, con l’esposizione degli strumenti creati dalla fabbrica pistoiese, oggi la Ufip, che lui presiede affiancato da Alberto Biasei e dal figlio Damiano e dove lavora anche la nipote Elisabetta. Una fabbrica unica, che ha creato piatti musicali per i batteristi di tutto il mondo. Una mostra che si estenderebbe agli strumenti a percussione che Luigi stesso ha collezionato nel tempo, e che arrivano da ogni parte del pianeta.

Ha quasi novant’anni Luigi Tronci, ma nessuno potrà mai impedirgli di sognare, di immaginarsi un futuro fatto di strumenti e di suoni da non dimenticare. All’ingresso della Fondazione Luigi Tronci in Corso Gramsci numero 37, ci sono le campane per il pranzo della Butterfly, che lui suona con perizia e concentrazione. E le vibrazioni si diffondono nell’aria. È qualcosa di più di un suono. E un’onda di energia che ci proietta immediatamene in Giappone, che materializza subito la figura di Cio Cio San e la potenza senza pari di Giacomo Puccini.

Luigi è un personaggio di portata mondiale. Difficilmente un ritratto di parole potrà bastare.

"Sono nato il 7 novembre del 1935, a Fiesole. Mia madre, Fernanda Sgrilli, apparteneva al ceppo Michelucci. Mio padre era Giulio Cesare Tronci. Ma il grande protagonista della storia familiare aziendale, raccontata in un libro dallo storico Andrea Ottanelli, è stato il nonno Benedetto Tronci. Il ceppo dei maestri organari che risale al 1700 si esaurisce dopo la guerra. Il primo organo di Filippo Tronci, costruito nel 1738, è stato magnificamente restaurato e oggi è a Capoliveri, nel Santuario della Madonna delle Grazie. È qualcosa di grandioso, come l’abbazia che lo ospita. È uno strumento da mille e una notte.

"L’azienda in origine si chiamava “Premiata Fabbrica di strumenti Musicali in bronzo a percussione. Artisti da strada clown e artisti eccentrici“. Al piano terra di casa Tronci, in Corso Gramsci, proprio davanti alla sede della Fondazione, venivano a cena Verdi, Puccini, Mascagni, studiavano i libretti e poi ordinavano gli strumenti. Poi c’era un salotto in viale Petrocchi solo per gli artisti da strada con ogni genere di sonaglieria. La Ufip nacque nel 1931 dalla fusione di cinque piccole aziende artigiane. Aveva otto sporti, ovvero otto vetrine sul Largo Barriera. Costruivamo le radio Telefunken. La fabbrica pilastro invece era in via Cammelli, dove oggi sono le case popolari. Dal 1958 invece siamo a Sant’Agostino. In via Galilei numero 20. Siamo dodici, compresi i dirigenti.

"Nonno Benedetto insegnava italiano, latino e greco al liceo Bindi del vescovato. Io invece sono computista commerciale. Ho cominciato a lavorare presto e declinavo i verbi in latino mentre andavo in ufficio. Finita la scuola, il nonno mi fece la delega per rappresentare l’azienda dentro la Ufip. Il nonno andava a Sanremo. Eravamo costruttori esclusivi degli strumenti.

"All’Ufip ho un archivio di 340 anni. Ho tutto. Un patrimonio consultabile che ha prodotto venti tesi di laurea. Oggi siamo elencati dall’Oma di Firenze, l’Osservatorio dei mestieri artistici. Un’azienda senza uguali, in Italia. Ho studiato pianoforte cinque anni e ho avuto rapporti con tutti i direttori delle orchestre. Ci commissionavano le note con una lettera e noi realizzavamo gli strumenti. Alla Ricordi abbiamo fornito 45 strumentari completi per tutte le opere: la fonica della Fanciulla del West, le tre campane di Suor Angelica, le campane da pranzo per la Butterfly, per l’Iris di Mascagni e lo xilofono per la Turandot.

"Qui in Fondazione c’è l’incudine realizzata per Verdi, per il Coro delle zingarelle nella piazza dei fabbri, nella Traviata. Dava il tempo al coro. Nella partitura Ricordi le note erano Do e Mi. Oggi i teatri se li passano fra loro. Non ordinano più nulla e fanno suoni campionati.

"La Fondazione l’ho creata sedici anni fa. C’era Tullio De Piscopo con me. Quello che desidero lo dico da tempo e lo sanno tutti: uno spazio grande, tremila metri quadri per il museo degli strumenti musicali e per la storia della nostra fabbrica, che è unica".