
L’avvocato Carlo Ferdinando Carnacini, ex presidente della Fondazione
La lista delle riserve è lunga, così come lungo è il tempo da che il contenzioso in casa Fondazione Marino Marini è iniziato: febbraio 2020. A sollevarle è l’avvocato Carlo Ferdinando Carnacini, che l’intenzione di essere spettatore in tutta la vicenda non l’ha mai avuta. Per lui una questione "di famiglia", essendo vicino al maestro scultore morto nel 1980 per legami di parentela. Riassunto delle puntate precedenti: febbraio 2020, si diceva, da quando cioè formalmente le acque in cui naviga la Fondazione, ente nato nel 1983 per volontà della vedova Mercedes Pedrazzini allo scopo di diffondere e conservare l’opera del maestro pistoiese, sono decisamente mosse. Prima la chiusura del museo di Pistoia, poi la battaglia legale ancora in corso tra la componente fiorentina della Fondazione nel suo vecchio assetto (in testa proprio l’avvocato Carnacini, ex presidente) e la Prefettura di Pistoia, organo chiamato per legge a vigilare sull’attività della Fondazione, infine il commissariamento invocato per inadempimenti statutari (e valutato legittimo dal Tar della Toscana) e, oggi, la ripresa del normale corso amministrativo con un cda tutto nuovo. Che nella sua composizione annovera l’avvocato pistoiese Andrea Niccolai e il collega Enrico Panelli, la commercialista Irene Sanesi e la Soprintendente di competenza. Ed è proprio qui che secondo Carnacini abita la prima e più pruriginosa questione: "Trovo fuori luogo la presenza nel cda della Soprintendente quando già il Ministero si era espresso sostenendo l’incompatibilità dei due ruoli". Su questo, e sull’esclusione dal consiglio della stessa famiglia Pedrazzini decisa dall’ex commissario Raffaele Ruberto, già mesi fa la famiglia aveva scritto al ministro lamentandone la gravità, al momento, fa sapere Carnacini, senza che alcuna risposta sia pervenuta. Tra le perplessità dimostrate dall’ex presidente anche quelle inerenti le attività di autentica condotte dalla vecchia commissione scientifica, nonché "il calo dei valori delle opere di Marino nelle aste, con opere addirittura ritirate" con il risultato, ammonisce Carnacini, di un danno d’immagine ed economico collettivo notevole. In questo mare evidentemente tempestoso ci sono poi i rapporti tra Fondazione di Pistoia e Fondazione di Firenze, sui quali occorrerebbe intervenire, dice Carnacini.
"Alla Fondazione di Firenze Pistoia erogava un contributo di 140mila euro – dice il legale, pur ammettendo l’assenza formale di appigli che quantifichino l’importo -. Adesso non più. Ci viene detto che i soldi non ci sono. Ma quel contributo è vitale e permette di onorare le volontà della vedova Marini: mantenere vive entrambe le realtà. Non ci dimentichiamo della recente e bellissima mostra sul Tesoro di Terrasanta portata proprio in San Pancrazio. Una mostra di grande eco mediatica nel mondo. Sì, abbiamo ancora un po’ di debiti, ma siamo a un passo dal superarli. Nessun dubbio sulla continuità delle attività di San Pancrazio". In attesa dei nuovi pronunciamenti – manca all’appello il Consiglio di Stato sui tre ricorsi accorpati inerenti l’iscrizione della Fondazione al Terzo Settore e le modifiche allo statuto -, un fatto per Carnacini è chiaro e merita d’essere ribadito: "L’idea di mantenere aperti due musei, sempre che quello di Pistoia possa definirsi tale, non può funzionare. Archivio e didattica restino a Pistoia, il resto, con le opere, tolte alcune che rimarrebbero per un allestimento raccolto, tutto a Firenze. Il mio ruolo? Certo non spettatore: la famiglia ha la volontà e i mezzi per andare avanti".