Espianto a cuore fermo. Il primo al San Jacopo. Un raggio di speranza nell’attesa di un organo

L’operazione su un donatore che era deceduto dopo un arresto cardiaco. Il traguardo grazie alla collaborazione di più strutture, insieme a Careggi. Il direttore Di Renzo: "Voglio ringraziare la famiglia e tutti i sanitari" .

Espianto a cuore fermo. Il primo al San Jacopo. Un raggio di speranza nell’attesa di un organo

Espianto a cuore fermo. Il primo al San Jacopo. Un raggio di speranza nell’attesa di un organo

Un intervento innovativo, che dà nuove speranze a tutti i pazienti in attesa di organo. L’operazione è stata effettuata per la prima volta all’ospedale San Jacopo: si tratta del prelievo di un organo (il fegato) da un donatore deceduto dopo arresto cardiaco. L’espianto a "cuore fermo" è innovativo, sia per la complessità di esecuzione, sia perché apre ulteriori prospettive nei pazienti in attesa di organo. "Ringraziamo sentitamente i familiari perché hanno compreso che le vite di tantissime persone sono legate alle donazioni – ha detto la dottoressa Lucilla Di Renzo, direttore sanitario del presidio - Oggi il nostro ospedale ha raggiunto un importantissimo traguardo anche grazie all’elevatissima collaborazione che si è realizzata tra più strutture e più professionisti, per portare a buon fine una procedura che consente di dare speranza a chi è in lista d’attesa per un trapianto".

L’intervento è, infatti, frutto del lavoro di squadra tra più équipe. La terapia intensiva-rianimazione, diretta dal dottor Giuliano Michelagnoli, ha avviato il percorso nel paziente con coma post anossico segnalando il caso al Coordinamento locale donazioni organi e tessuti, che ha organizzato l’intervento del team di medici e infermieri dell’azienda ospedaliera di Careggi responsabile dell’avvio della circolazione extracorporea (Ecmo team).

Il paziente era stato, infatti ricoverato in rianimazione per un arresto cardiaco e conseguente coma post anossico, con danni cerebrali irreversibili. Una volta presa la decisione di desistere dalle cure intensive, è stato avviato il percorso. In sala operatoria, è stata iniziata la circolazione extracorporea, che sostituendosi alla funzione cardio-respiratoria ha permesso di ripristinare perfusione e vitalità degli organi addominali.

"Nel caso specifico,- ha spiegato Michelagnoli- questa tecnologia ha permesso di tenere perfuso e ri-ossigenare il fegato poi prelevato dall’equipe dei chirurghi del centro trapianti". Il Coordinamento locale, composto dal direttore, dottor Eufrasio Girardi e dall’infermiera di coordinamento, hanno segnalato al Centro Regionale Trapianti il donatore e organizzato l’attività delle diverse unità operative ospedaliere locali. Hanno infatti collaborato insieme il laboratorio di analisi, diretto dalla dottoressa Alessandra Gelli, il personale della rianimazione, del blocco operatorio e della radiologia (diretta dalla dottoressa Letizia Vannucchi), insieme con l’Ecmo team di Careggi.

La donazione dopo la "morte cardiaca" o a "cuore fermo" può essere eseguita solo con la disponibilità dell’Ecmo, un macchinario uguale a quello donato recentemente all’ospedale di Pistoia dalla Fondazione Caript per la cura dei pazienti con arresto cardiaco refrattario.

"Il rapporto stabilito con le famiglie nel contesto donativo –spiega il dottor Girardi - e il loro coinvolgimento attraverso informazioni continue è il presupposto fondamentale per creare un clima di fiducia". "E’ stato un risultato importante, sia dal punto di vista medico, che umano, - ha aggiunto Michelagnoli -. I nostri medici rianimatori, tra cui in particolare le dottoresse Chiara Gasperini e Giovanna Bracciotti, insieme con l’equipe infermieristica si sono formate per questo tipo di percorso".