Don Biancalani: "Diffamato su Facebook: ora basta"

Nel mirino un post che alludeva ai rapporti sessuali del parroco con i i ragazzi ospitati. L'avvocato Baldi: "Denuncia presentata. Indagini in corso per identificare i responsabili"

Don Biancalani e l'avvocato Elena Baldi

Don Biancalani e l'avvocato Elena Baldi

Pistoia, 19 luglio 2018 - «IL SACERDOTE ammette: ‘ho avuto numerosi rapporti sessuali con i miei ragazzi. Non è un reato! Anche Dio approva l’amore!». E’ la scritta apparsa su una foto che ritrae don Massimo Biancalani, in chiesa, in abito talare, accanto ai profughi accolti nei suoi centri. Questa foto e questa scritta sono il contenuto di un post, apparso sulla bacheca Facebook del gruppo «Basta ingiustizie contro gli italiani», lo scorso 7 luglio.

 

Ora, don Massimo ha deciso di presentare un esposto, attraverso il suo legale, l’avvocato Elena Baldi del foro di Pistoia. Una denuncia per diffamazione, per ora contro ignoti, ma che coincide con l’avvio di una serie di ricerche, che la polizia postale sta già svolgendo, mirate a individuare i singoli responsabili. Sì, perché dietro quel gruppo («Basta ingiustizie contro gli italiani») ci sono persone in carne e ossa, persone che sono responsabili di quanto pubblicato. E c’è di più. «Prima della diffusione sulla pagina del gruppo – spiega don Massimo – la foto con quella scritta circolava sui profili Facebook di alcune persone. Siamo ragionevolmente convinti che tutto parta da qui, dalla comunità pistoiese e, cosa che mi fa ancora più male, da ambienti vicini alla nostra religione, diciamo dalla destra cattolica».

 

Il post è già stato rimosso e la pagina Facebook chiusa, come spiega l’avvocato Elena Baldi. Restano però le accuse infamanti, che gettano discredito su don Massimo e sul suo ruolo di prete, su quello di educatore di una comunità e anche di insegnante (don Biancalani insegna religione al liceo scientifico Duca D’Aosta, ndr). E c’è anche un altro episodio. Dopo quel post, un noto programma radiofonico ha mandato in onda la telefonata di un ascoltatore che ripeteva quelle stesse accuse mosse al parroco.

 

IN QUESTA VICENDA, però, non c’è un solo bersaglio, e soprattutto le vittime rischiano di essere altre: i ragazzi, i giovani profughi accolti dal parroco, come sottolinea bene l’avvocato Baldi. «Questo post è lesivo della dignità dei ragazzi – commenta – Poi per ‘ragazzi’ si possono intendere anche minorenni». E’ stato lo stesso vescovo, monsignor Fausto Tardelli – informa don Biancalani – a invitarlo ( sul sito della Diocesi) a sporgere denuncia, per tutelare se stesso e i giovani profughi.

 

«Finora, anche un po’ cristianamente, ho tollerato – chiarisce don Biancalani –. Ho tollerato le accuse di ‘fare il business’ con i migranti, di essere razzista alla rovescia (di avercela con gli italiani), e ho tollerato persino le minacce. Ma ora bisogna dire basta». 

 

«ABBIAMO CHIESTO alla polizia postale di individuare i responsabili che dovranno pagare per quello che hanno fatto. La legge è dalla nostra parte. Il reato è quello di diffamazione, aggravata a mezzo di Facebook (articolo 595, comma 3). Il mio prossimo obiettivo sarà capire se ne possa rispondere lo stesso Facebook, che è un mezzo di diffusione non solo di offese, ma anche di notizie false». Così, l’avvocato Elena Baldi chiarisce i passi già fatti e come procederà nella difesa di don Massimo Biancalani.

 

Si tratta dell’ultimo tassello dell’«affare Biancalani», che da anni ormai è oggetto di critiche (ben prima dell’accoglienza ai migranti, per la sua apertura agli omosessuali e le visite ai campi rom), ma anche di apprezzamenti, dividendo la comunità pistoiese. Alle cronache nazionali il parroco di Vicofaro è arrivato un anno fa, con la foto scattata con i profughi in piscina, che è stata ripresa dal profilo Facebook dello stesso Salvini. Da allora, come racconta, sono arrivate anche minacce di morte (su cui indaga la Digos). Ma a chi gli chiede se non abbia voglia, a questo punto, di cancellarsi dai social, per continuare a fare il proprio lavoro, sottraendosi a tutta questa sovraesposizione, lui risponde: «Mai! Facebook mi ha bloccato un account, e io ne ho creato un altro!».