
Il soccorso sulle pista fu immediato, ma per Monti non ci fu scampo
Pistoia, 8 luglio 2023 – Una giornata di sole e svago che padre e figlio avevano scelto di trascorrere insieme sulle piste di Abetone. Poi la tragedia: la pista ghiacciata, gli sci che prendono una velocità incontrollabile, e lo schianto, inevitabile e fatale, su un albero. Una morte, quella di Daniele Monti, 51 anni, di Montecatini, operaio nell’azienda agricola Tarabori di Montecarlo di Lucca, vissuta in diretta dal figlio Mattia. Era la mattina del 24 gennaio 2018. Una data incancellabile per il ragazzo che per tutti questi anni ha dovuto rivivere costantemente le sequenze di quella drammatica mattina, nel processo che ne è scaturito. Ieri pomeriggio è arrivata la sentenza di condanna per i due imputati: Giampiero Danti, nella sua veste di responsabile del consorzio Abetone Saf e Pietro Nizzi, ieri presente in aula, quale responsabile e addetto al controllo delle piste, accusati di omicidio colposo, per non aver adeguatamente segnalato la chiusura della pista Zeno Uno, entrambi rappresentati dall’avvocato Massimo Panzani di Lucca. Una colpa ritenuta grave dal pm Giuseppe Grieco che ha diretto le indagini e condotto un processo delicato e tecnico allo stesso tempo, e che, al termine della sua requisitoria, aveva chiesto per entrambi la condanna a 4 anni. Il giudice Paolo Fontana li ha condannati a un anno e 4 mesi di reclusione (pena sospesa), e al risarcimento di tutte le parti civili, da stabilirsi in sede civile, disponendo una provvisionale di 150mila euro in favore di ognuno dei figli della vittima, Mattia e Niccolò e della moglie, Barbara Vannini, 100mila euro per i genitori, Tamara Cardarelli e Lamberto Monti e 80mila euro per il fratello della vittima, Massimiliano Monti, tutti rappresentati dall’avvocato Giovanni Giovannelli e Giovanni Flora. La lettura della sentenza è stata accolta dal pianto liberatorio dei figli della vittima e della moglie, insieme alla madre e al fratello: tutti presenti in aula, ieri, come nelle altre udienze. "Siamo contenti - ha commentato Mattia Monti, che era con il padre quella tragica mattina – che sia finalmente emersa la verità dei fatti: era molto importante per noi". E inoltre, il giudice ha trasmesso gli atti per falsa testimonianza per le deposizioni di Ruggero Pierconti, della polizia di Abetone e per Marino Merlo, addetto alle piste, che avrebbe sostenuto in aula di aver ascoltato il figlio della vittima dichiarare che il padre avesse "scelto di fare un fuoripista".
Tutto il processo , fin dall’inizio, nel gennaio del 2020, infatti, si è giocato sulla opposta ricostruzione di una morte che, secondo l’accusa, sarebbe stata evitabile se si fossero osservate le norme di tutela della sicurezza sulle piste. Due i punti cardine attorno a cui ha ruotato tutto il dibattimento: ovvero la presenza o meno della palinatura sulla pista, a indicare l’esatto tracciato della stessa e l’inizio del fuori pista. E soprattutto l’assenza di una segnaletica che indicasse chiaramente la chiusura della pista, in quanto le sue condizioni, quella mattina, non ne rendevano possibile la percorribilità: era completamente ghiacciata. Una lastra dura su cui Daniele Monti ha trovato una morte senza scampo. Secondo l’accusa, quella mattina la pista Zeno 1 era stata indicata da Danti e Nizzi come un fuori pista con solo cinque paline lungo tutto il percorso, come dire che non c’era alcun perimetro indicato. Dall’altra parte, a segnalare la chiusura resasi necessaria dalla sera alla mattina, c’era solo un foglio bianco, appeso nel gabbiotto della biglietteria che, come si è appreso durante il processo dalle dichiarazioni degli stessi imputati, probabilmente era volato via, come ha ricordato l’avvocato Giovannelli durante le sue repliche, sottolineando al contrario come debba essere anche segnalata con colori differenti ed evidenti il diverso grado di difficoltà delle piste. Dall’altra parte, la difesa ha sostenuto, al contrario, l’assenza della palinatura come segnale inequivocabile per gli sciatori esperti della presenza di un fuoripista, una mancanza che avrebbe dovuto mettere in allerta Monti.