"Il mio giardino segreto, sogno di una vita". Con Andrea Mati tra le piante che curano

Ha progettato quattro giardini terapeutici che realizza per i centri di tutta Italia e ha scritto un libro: "Salvarsi con il verde"

Andrea Mati tra le rose dei suoi giardini terapeutici (Acerboni/FotoCastellani)

Andrea Mati tra le rose dei suoi giardini terapeutici (Acerboni/FotoCastellani)

Pistoia, 15 maggio 2022 - Lo psicoanalista e filosofo junghiano James Hillman gli è molto caro, così come queste sue parole: "Il mondo è come un giardino, tutto quello che accade in un giardino è pieno di metafore sulla nostra vita psichica". Prendersi cura di un giardino, può avere un riflesso sulla cura di sè e su questo concetto, semplice e profondo, Andrea Mati ha costruito quarant’anni di vita. Accanto agli uffici della storica azienda vivaistica di famiglia, in via Bonellina, con lo stesso senso per l’architettura che ha guidato i suoi studi, Andrea, nato a Pistoia il 5 aprile del 1960, ha progettato i prototipi di quattro giardini terapeutici che poi realizza in tutta Italia. Camminare con lui attraverso le rose e le piante aromatiche è già una esperienza che riconcilia. Andrea ha scritto, su questo e altri suoi progetti, un libro bellissimo: "Salvarsi con il verde. La rivoluzione del metro quadro vegetale" (Giunti Editore), ricco di contributi scientifici e scritto con la sapienza del cuore. Lo presenterà sabato prossimo, 21 maggio, alle ore 9.30, al Centro convegni Mati 1909 ( via Bonellina, 46). Interverranno, tra gli altri, l’ortoterapeuta Ania Balducci e la psicoterapeuta infantile Manuela Trinci.

Ci parli dei suoi giardini...

"Il primo giardino è dedicato alla cura del disturbo dello spettro autistico. Ci sono delle nicchie dove una persona può rifugiarsi, può sentirsi abbracciata dal verde, può sedersi sull’erba se vuole rimanere a lungo. Ho messo una Buddleia, l’albero delle farfalle. Quando è fiorito ne è pieno. Ogni mio progetto è seguito da medici e specialisti".

A quali altre fragilità ha pensato?

"Il secondo giardino è dedicato alle persone con la sindrome di Down, è tutto aperto e dominato dal rosso delle rose. Al centro c’è l’aiuola delle adozioni, a ogni persona viene affidata una piccola pianta. Occuparsi delle piante ha una funzione rasserenante e secondo i medici il rosso può essere stimolante".

E il terzo giardino?

"Il terzo giardino è dedicato alle persone che soffrono di dipendenza, che può essere da alcol, dalle droghe o dal gioco. Il segreto di questo giardino è che è ad alta manutenzione, cioè richiede una cura continua. Lo dico sommessamente, ma ha salvato alcune persone. Hanno anche la possibilità di uno spazio segreto, nascosto".

Che cosa la guida?

"Ho un concetto che mi guida: utilizzo piante sofferenti e le faccio curare a persone sofferenti, in un percorso di guarigione parallelo".

Lei si è dedicato molto ai malati di Alzheimer.. .

"Questa è una frontiera di medicina integrativa come la definisce Giulio Masotti, professore emerito di Geratria dell’università di Firenze. Lui mi ha guidato nell’allestimento del quarto giardino che è dedicato alle persone sofferenti di Alzheimer. All’ingresso ci sono i gerani, fiori di una volta, i fiori della casa della nonna... che possono richiamare i migliori momenti della vita di un tempo. C’è l’ulivo, una delle piante più amate dagli uomini. Ci sono fiori per tutta l’estate, da accarezzare, ci sono il rosmarino, il timo e la maggiorana da annusare, ci sono di nuovo le rose rosse e la fontana con l’acqua che scorre, un rumore che viene definito importantissimo dagli esperti".

Qual è il suo grande amore?

"Non sono un vivaista, ho sempre fatto il paesaggista, in Italia e all’estero e il mio grande amore è curare con le piante. A 26 anni ero già a lavorare a San Patrignano, la comunità si era rivolta all’azienda di famiglia per progettare il verde e l’ho fatto io con i ragazzi, poi ho lavorato per sette anni con la Comunità Incontro di don Gelmini".

Ha un progetto a Pistoia?

"In San Pantaleo, con la Cooperativa Puccini Conversini ho realizzato, con Luigi Paccosi e con la Fondazione Caript un grande giardino terapeutico con casa colonica. Ci prendiamo cura delle persone con dipendenze e con problemi psichiatrici e autismo, con Agrabah e la Fondazione Turati. Poi c’è la seconda cooperativa “Vivaio Italiano“ dove abbiamo squadre di giardinieri preparatissimi e con loro ci sono persone che ricominciano a vivere dopo traumi di varia natura, anche fisici".

Quante vite ha?

"Mi interesso di tante cose, di arte, di musica, ho tante vite. Mi sento una persona fortunata e utilizzo il tempo al massimo. La musica mi sostiene e il verde è la mia grande passione. Veder persone morte dentro, rivivere grazie a questa impresa, era il mio sogno. Sto scrivendo un’opera lirica che parla del rapporto tra l’uomo e la natura."

La parola riconnessione oggi è sempre più frequente. Cosa significa per lei?

"La riconnessione è aiutare le persone a recuperare un rapporto vivo con la natura, affondare le mani nella terra. Curare le piante è curare se stessi".