La banda dei caporali, tutti rinviati a giudizio. "Braccianti sfruttati"

In otto a processo. Un’indagine vasta e complessa, denominata "Black wine". Tutto è partito dalla denuncia di un operaio

Braccianti in un campo

Braccianti in un campo

Pistoia, 26 maggio 2023 – Caricati sui furgoni cassonati all’alba, stipati a terra, per affrontare il viaggio verso i vigneti e gli oliveti della Toscana, a lavorare per nove dieci ore, con una paga di cinque euro e senza alcuna copertura assicurativa o contributi.

La maxi indagine sul caporalato in Toscana, portata avanti con appostamenti, intercettazioni e riscontri degli uomini della Squadra Mobile di Pistoia, si era chiusa il 5 novembre del 2018 con tre arresti e diverse denunce.

Un’indagine vasta e complessa, denominata "Black wine", che aveva portato alla luce un traffico di braccianti, impiegati per fornire manodopera a varie aziende agricole (ignare delle condizioni di lavoro a cui i reclutatori sottoponevano gli operai) dislocate in varie province della Toscana: oltre a Pistoia, anche Prato, Firenze, Siena, Lucca e Arezzo.

Otto in tutto gli indagati: due pachistani, uno dei quali ritenuto a capo della "banda dei caporali", un uomo di origine marocchina, tutti residenti ad Agliana, insieme ad altre cinque persone, tre delle quali consulenti del lavoro provenienti da Firenze, Lucca e Pisa.

Ieri mattina, il giudice per le udienze preliminari Luca Gaspari, accogliendo la richiesta della Procura (pm Giuseppe Grieco, sostituito da Leonardo De Gaudio) ha disposto per tutti il rinvio a giudizio: la prima udienza davanti al collegio presieduto dal giudice Stefano Billet è fissata per il prossimo 16 novembre.

L’accusa per tutti è intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (articolo 603 bis del codice penale). All’epoca del blitz furono 31 gli operai identificati, quasi tutti africani. La sacca più debole della società: richiedenti asilo o con permessi umanitari.

Per quei fatti affronteranno il processo: Mushtaq Ahmad, 50 anni, pakistano residente ad Agliana, difeso dall’avvocato Pamela Bonaiuti del foro di Prato, ritenuto dall’accusa il capo dell’organizzazione. A lui era intestata la ditta "Servizi Agricoli Pk Verde", con sede a Prato, utilizzata per il reclutamento della manodopera. Con lui, il connazionale HajiMohammad, 52 anni, anche lui residente ad Agliana, e difeso dall’avvocato Barontini, e poi Mhammed Essaouri, 54 anni, marocchino, difeso dall’avvocato Andrea Niccolai, tutti, secondo l’accusa, reclutatori di manodopera al nero.

E reclutatori sarebbero stati anche El Hassan Laamiri, 59 anni, marocchino, difeso dall’avvocato Barbara Londi, e Issa Traore, 30 anni della Costa D’Avorio, rappresentato da Michele Capecchi.

L’organizzazione si sarebbe avvalsa anche di consulenti del lavoro, che avrebbero avuto il compito di fornire i documenti necessari ai braccianti. Si tratta di Franco Lazzarini, 62 anni, di Lucca, difeso dall’avvocato Serena Caputo del foro di Pisa, di Antonio Passerai, 64 anni, di Casciana Terme Lari, difeso da Riccardo Taverniti, e di Gianluca Grassi, 38 anni, di Firenze, difeso dall’avvocato Jacopo Pacini di Firenze.

Secondo la ricostruzione della Procura, i professionisti si sarebbero occupati a vario titolo, delle fatturazioni e della registrazione di alcune posizioni lavorative e nella banca dati dell’Agenzia nazionale politiche attive del lavoro, quando veniva esplicitamente richiesto dalle aziende che commissionavano il lavoro, a prescindere dalla verifica dell’esistenza di un vero contratto. Inoltre, l’altra manovra fraudolenta sarebbe stata l’apertura di una posizione Inail per soli tre giorni, a nome di una ditta intestata a un prestanome che gestiva i lavori riuscendo così a ottenere il Durc, ovvero il documento unico di regolarità contributiva, nonostante non ci fosse traccia di contributi versati.

A far scattare la vasta indagine, la denuncia di un operaio, che aveva raccontato di vedere i braccianti arrivare all’alba, da quei furgoni, stipati e stanchi.