di Mario Ferrari
PISA
Una riabilitazione virtuale con effetti e benefici molto reali. Arriva dalla Scuola Sant’Anna di Pisa il progetto che permette di fare riabilitazione divertendosi. Basta, oltre al terapista, un visore per entrare in un mondo virtuale con dei giochi che aiutano chi ha difficoltà motorie a riprendere il controllo. Ma come si interagisce in un mondo irreale? A questa domanda risponde il ricercatore dell’ateneo pisano Daniele Leonardis, uno degli sviluppatori dei ditali tattili che permettono di toccare e muovere gli elementi virtuali. Un progetto all’avanguardia che sarà possibile provare all’Internet Festival di Pisa, tra il 10 e il 13 ottobre.
Leonardis, può spiegare precisamente cosa vedono le persone nel visore?
"Un gioco dove c’è una mano che i pazienti possono comandare tramite i ditali tattili, manipolando oggetti virtuali. Noi abbiamo messo a disposizione alcuni scenari con semplici esercizi: un modo divertente per fare riabilitazione".
Quali sono i benefici concreti rispetto alla classica riabilitazione?
"Soprattutto il coinvolgimento del paziente negli esercizi, che è fondamentale. In neuroriabilitazione è importantissimo dare stimoli attrattivi e il gioco è la risposta ideale. Se non è ripetitivo aiuta a incrementare l’interesse dei pazienti per l’attività, e rendere la riabilitazione un divertimento: i soggetti sono curiosi di vedere il punteggio che totalizzano negli esercizi, oppure quello degli altri in una sorta di gara. Nel nostro caso, peraltro, il progetto era svolto coi bambini, che hanno di base minor concentrazione rispetto agli adulti e i giochi li catturavano dando loro maggiori possibilità di riabilitarsi".
I piccoli si divertivano?
"Molto. L’idea di entrare nella realtà virtuale era stimolante, usarla per un videogioco era il massimo. Le racconto un simpatico aneddoto: è emerso anche che dobbiamo impegnarci molto per creare esercizi con grafiche più all’avanguardia, visto che quelli che usiamo non reggono il confronto con i giochi che hanno i bambini fin da piccoli. E lo abbiamo scoperto grazie a un piccolo paziente che ci ha chiesto se, anziché i nostri esercizi, poteva giocare a Fifa. Lo prenderemo in considerazione per le riabilitazioni dei piedi (ride)".
Insomma, un successo come sperimentazione, almeno a livello di coinvolgimento. Ma i risultati riabilitativi?
"Un successo anche in questo caso. Nella prima prova che abbiamo fatto, il risultato era comparabile alla riabilitazione tradizionale. Ed è eccezionale se si considera che si trattava di un prototipo. Però non ci sediamo sugli allori".
Le prossime mosse?
"Oltre a un miglioramento della grafica degli esercizi e del loro numero – al momento sono solo 3 –, puntiamo a rendere la realtà virtuale più flessibile, realistica e soprattutto disponibile da remoto a casa, oltre a concentrarsi su tutto il corpo: attualmente i visori hanno limiti tecnici per gli arti inferiori, e sono migliorabili per le mani. Insomma, sviluppando le tecnologie ci sono ottime possibilità di migliorare i risultati e il numero delle persone che si riprendono totalmente. Potrebbe diventare la nuova frontiera della riabilitazione e non solo".
Cosa intende?
"Che le possibilità sono molteplici. Con il nostro progetto si potranno anche addestrare operatori per gli interventi in aree a rischio, oppure, anche se è ancora molto in fase di sperimentazione, per le teleoperazioni. Ossia per comandare i robot a distanza utilizzando, tramite i nostri ditali tattili, le ‘mani’ delle macchine".