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Sos disturbi alimentari L’altra faccia del lockdown

Il dottor Rolando Fabiani, psichiatra e responsabile del centro Arianna "Bulimia, iperfagia e anoressia amplificati anche negli adulti fra 40 e 50 anni"

"In un 2020 sicuramente straordinario il numero dei ‘primi accessi’, ovvero i pazienti che si rivolgono a noi per la prima volta, è rimasto stabile. Mi sarei atteso, vista la situazione difficile, un calo vistoso", commenta il dottor Rolando Fabiani, psichiatra e responsabile del centro Arianna, importante realtà del territorio per la cura dei disturbi alimentari.

Se non un aumento dei numeri, cosa è cambiato allora in questo periodo di pandemia per i suoi pazienti?

"Ho riscontrato un generale peggioramento delle condizioni. Ci sono aspetti generali del lockdown come l’aumento di ansia e depressione, l’insorgere di conflitti familiari: tutto questo per i pazienti con disturbi alimentari è stato ulteriormente amplificato. Pensiamo ad esempio a una ragazza bulimica che si trova tutti giorni di fronte alla porta della sua dispensa: non poter sfuggire a determinate dinamiche fa ancora più male. Altro esempio: spesso l’anoressia è accompagnata da una voglia irrefrenabile di muoversi per bruciare calorie. Ovviamente questo era praticamente impossibile con il lockdown".

Le ragazze più giovani rappresentano ancora la fascia più colpita dai disturbi alimentari?

"Senza dubbio le più colpite sono le ragazze adolescenti: l’anoressia rimane la prima causa di morte in quella fascia di età. C’è da dire che però il panorama sta cambiando. Un tempo il rapporto era di 10 donne per un uomo affetto da disturbi alimentari, ma da qualche anno sono in netta crescita anche i casi maschili. Ci occupiamo tanto anche di minori, perché l’età di insorgenza si abbassa sempre di più. Ma ci sono anche numerosi pazienti più che adulti, sopra i 40-50".

Quali sono i problemi per i ‘grandi’?

Molto spesso si rivolgono a noi adulti affetti da un disturbo da alimentazione incontrollata: sviluppato magari in giovane età, che perdura anche in età adulta. L’iperfagia spesso può condurre a gravi problemi di salute, e anche in questo caso il lockdown non ha certo aiutato. Si tratta di un disturbo importante, che colpisce fasce di popolazione nel pieno dell’età produttiva".

Tornando alla pandemia, come avete lavorato con i pazienti?

"Ci siamo riorganizzati sfruttando la tecnologia, cercando di superare la difficoltà iniziale che molti pazienti avevano nel mostrarsi in video. D’estate, poi, abbiamo ripreso gli incontri all’aperto. Il nostro lavoro è stato ricalibrato caso per caso, ogni progetto è un progetto individuale: è quasi un lavoro sartoriale. In questi mesi ci è stata di grande aiuto l’associazione ‘La vita oltre lo specchio’, nata nel nostro centro, diventata un’importante cerniera tra noi e le istituzioni".

Anche per i familiari dei vostri pazienti la pandemia ha amplificato le difficoltà?

"Sicuramente, perché di fatto la sofferenza del singolo affligge inevitabilmente anche le persone più vicine. Negli ultimi mesi i genitori si sono trovati ad affrontare crisi importanti alle quali è stato necessario dare risposta e sostegno: per questo da quando esiste il nostro centro portiamo avanti anche una terapia familiare. Spesso un genitore chiede quelle che si potrebbero definire ‘istruzioni per l’uso’, che in realtà non esistono. Il consiglio generale che vale sempre è il solito: essere presenti in ogni situazione di necessità".

Iacopo Catarsi