Caso Ragusa. Accusa e difesa affilano le armi

Uno scontro sul filo del rasoio. Roberta sparì il 13 gennaio del 2012 dalla sua casa di Gello

Roberta Ragusa

Roberta Ragusa

Pisa, 22 marzo 2016 - Le chiacchiere muoiono in fretta, nessuno ha voglia di parlare a Gello di San Giuliano. «Logli dovrà tornare a giudizio? Chissà come andrà a finire...». «Roberta? Era bella, brava... nessuno sa dove sia». Poche parole, frasi di circostanza prima di congedare il cronista e chiudere la porta dietro al peso insopportabile del tempo che passa, dei dubbi e di un giallo rimasto prigioniero nell’imbuto di troppi perché senza risposta.

Nessuno ha voglia di aprirsi e raccontare, men che meno lungo la strada stretta e diritta, quasi una canna di fucile, sulla quale si affaccia il «regno» dei Logli: una grande proprietà e all’interno un dedalo di passaggi e camminamenti che mettono in comunicazione, senza mai bisogno di uscire all’esterno e di mostrarsi, i diversi edifici che compongono il circuito tra casa-autoscuola-giardino-rimesse e magazzini. E’ la stessa strada lungo la quale Roberta Ragusa ha percorso gli ultimi passi prima di raggiungere la vicina via Gigli e perdersi per sempre, sdrucciolando nel buio e nel freddo di una maledetta notte di metà gennaio del 2012. Era il 13 gennaio e lei aveva 45 anni. I due successivi sono stati dedicati alle indagini, iniziate comunque a rilento e non prive di coni d’ombra. I risultati sono condensati in 12mila pagine che non sono bastate, fino ad oggi, a scrivere il finale di questa brutta storia. Che dal primo giorno corre sul filo del rasoio, sospesa tra verità e sospetti, tra dubbi e certezze e per la quale, adesso, si annuncia la prova di un nuovo giudizio. Che potrebbe cambiare le cose. Proviamo a vedere come e perchè.

L’accusa – La Procura incassa il punto messo a segno venerdì a Roma in Corte di Cassazione, che ha annullato il proscioglimento del marito di Roberta, Antonio Logli, 53 anni, emesso nel marzo scorso dal Gup del Tribunale di Pisa. Adesso gli atti tornano in città e – forse già prima dell’estate – verrà fissata una nuova udienza preliminare davanti a un altro Gup, stavolta probabilmente una donna, Elsa Iadaresta, l’unica che ancora non ha mai trattato la vicenda. Toccherà a lei decidere tra un nuovo proscioglimento o accogliere la richiesta di rinvio a giudizio della Procura. La quale insiste sulla linea tenuta fino ad oggi, cioè quella dell’omicidio volontario e soppressione di cadavere. Questa l’ipotesi di reato contestata a Logli partendo dal movente di un rapporto di coppia ormai sfilacciato, dell’esistenza di una relazione clandestina (con l’ex baby sitter dei figli e segretaria dell’autoscuola, Sara Calzolaio, e Roberta avrebbe scoperto che si trattava di Sara proprio quel 13 gennaio) e di una separazione che, se realizzata, sarebbe costata moltissimo al marito, anche in termini economici. In questi anni Logli è sempre rimasto impassibile, impenetrabile, forte di quel suo apparire senza mai una sbavatura, mai un atteggiamento o una parola che potessero tradire un’emozione o far pendere l’ago della bilancia da una parte o dall’altra. Chiuso in un silenzio imperscrutabile, non è mai stato ascoltato né interrogato da un magistrato, né sono mai state chieste nei suoi confronti misure cautelari. Anche venerdì, sotto l’assedio dei media davanti al cancello della sua abitazione, è rimasto barricato in casa e rispondendo alla telefonata di un cronista ha tagliato corto limitandosi a dire «State disturbando».

La difesa – Anche in questo caso è confermata la strategia tenuta fino ad oggi e cioè puntare sulla tesi dell’allontanamento volontario di Roberta e sulla demolizione dell’attendibilità dei testimoni – almeno due – che nella maledetta notte hanno dichiarato di aver visto il marito di Roberta in strada, mentre Logli ha sempre garantito di essere rimasto in casa a domrire dalle 24 alle 6.45 del mattino. In particolare il giostraio Loris Gozi afferma di aver visto Logli litigare con una donna vicino a un’auto uguale a quella di Roberta. E la vicina di casa Silvana Piampiani conferma di aver visto Logli e anche una donna con un pigiama rosa, proprio come quello che, secondo lo stesso Logli, Roberta indossava quella sera. Ma se si dovesse andare a giudizio, la difesa potrebbe anche giocare la carta del rito abbreviato – ma si tratta oviamente solo di ipotesi e congetture – perché così il giudizio anderebbe espresso con i soli elementi raccolti fino ad oggi, i quali presentano evidenti coni d’ombra, che la difesa di Logli punterebbe sicuramente a enfatizzare. E tra essi, prima di tutto, la mancanza del corpo di Roberta, mai trovato. E di conseguenza il fatto che non è stato chiarito né dimostrato come Roberta sarebbe stata uccisa, né come sarebbe stato soppresso il cadavere.

I figli – Roberta, una vita spezzata che lascia altre vite spezzate. Prima di tutto quelle dei figli, che al momento della scomparsa della madre avevano 15 e 11 anni, e che fino ad oggi sono rimasti di fatto esterni alla vicenda giudiziaria in senso stretto. In un rapporto di coppia in frantumi erano loro, i due figli, la ragione di vita primaria di Roberta e questo è l’elemento sul quale punta chi non crede alla tesi dell’allontamento volontario, perché mai Roberta li avrebbe abbandonati. Il più grande, Daniele è oggi maggiorenne e, nel caso in cui il padre venisse rinviato a giudizio e si istruisse un processo, a seconda del rito, potrebbe essere ascoltato in aula.

Grande assente – E’ il corpo di Roberta. E’ stato cercato dappertutto: grotte, cimiteri, pozzi, laghi, corsi d’acqua e anfratti, verificando anche segnalazioni anonime e di veggenti. Ma tutto è rimasto senza esito. Secondo la criminologa Roberta Bruzzone – intervistata ieri su queste colonne – potrebbe non trovarsi lontano da casa, ma dopo così tanto tempo «è difficile supporre di poter trovare qualcosa di intatto. Forse solo un’eventuale scatola cranica lesionata potrebbe aiutare» a determinare le cause del decesso. Viceversa, il ritrovamento del corpo avrebbe certamente offerto elementi utili per ricostruire la dinamica di quella maledetta notte, offrire suggerimenti per risalire al responsabile della morte di Roberta e per meglio individuare l’eventuale capo di imputazione da contestare all’ipotetico colpevole: omicidio volontario o magari preterintenzionale o addirittura premeditato? Il mistero è invece rimasto tale e al momento gli indizi rischiano di essere insufficienti e i sospetti non bastano a fare chiarezza in una storia dura, dolorosa. Il suo nome è tragedia.