Prete accusato di pedofilia, l'omelia ai "Passi": "Siamo smarriti, ma una famiglia"

La prima messa nella parrocchia del prete dimissionario per abusi e molestie: "Preghiamo per le vittime"

Fedeli alla chiesa di Santa Marta, all’entrata della messa  (Foto Cappello/Valtriani)

Fedeli alla chiesa di Santa Marta, all’entrata della messa (Foto Cappello/Valtriani)

Pisa, 19 settembre 2022 - Una comunità smarrita è una comunità che deve tornare a sentirsi ‘famiglia’. Il viceparroco Don Federico lo ha ripetuto più volte dall’altare ieri mattina, nella chiesa semi-vuota de I Passi. E’ qui che alle 10.30 si svolge la messa domenicale della comunità, appunto, di Santo Stefano extra moenia. Travolta, ferita, quasi stordita dopo le accuse che hanno colpito feroci una delle figure che più hanno segnato la storia e la vita di tanti. Dolore, occhi lucidi, gli sguardi che si incontrano e si capiscono, a inizio e fine messa. Da venerdì scorso niente è più come prima in quel piccolo grande mondo che è la parrocchia di Santo Stefano. Parrocchia che avrebbe dovuto vivere in serenità la tradizionale Settimana della Festa della Madonna, iniziata sabato con il Pellegrinaggio a Montenero, ma che fa un’immensa fatica a sorridere. Ci sono i ragazzi di venticinque anni fa, i coetanei (chi più, chi meno) dei due fratelli che hanno deciso di denunciare pubblicamente gli abusi sessuali subiti da parte dell’allora parroco (le cui dimissioni sono state accettate dall’arcivescovo monsignor Giovanni Paolo Benotto). Ci sono le famiglie che, ieri come oggi, non avrebbero mai potuto immaginare qualcosa di minimamente vicino. Impossibile: la prima reazione. Terribile: la seconda. Il senso di rabbia e tradimento (di qualcosa che era considerato granitico, bello e pulito) c’è. E convive con lo sgomento e la partecipazione per la sofferenza delle due vittime. Il risultato è un vero e proprio corto circuito di domande, che non fa dormire, spezza il sonno ma anche il silenzio. Perché il dolore, quando è tanto, deve essere condiviso.

L’omelia di Don Federico cerca di parlare proprio a quello smarrimento generalizzato, rispondendo all’urgenza di "incoraggiamento". Il Vangelo di Luca è quello di un uomo, un ‘amministratore disonesto’, una parabola difficile da capire, comprendere, digerire anche in tempi meno carichi di tormento. Un uomo che sbaglia ma che, a partire dall’errore, fa il primo piccolissimo, minuscolo passo verso la conversione. Verso gli altri. Un processo importante, lungo e lento, dove mai nulla "è solo bianco o solo nero". Anche il momento delle intenzioni di preghiera torna apertamente sulla ferita. Una sola preghiera, scandita. "Preghiamo per tutti coloro che sono stati vittima di abusi, per coloro che soffrono per lo scandalo che oscura il volto della Chiesa. Domandiamo al Signore che in tutti noi si rinnovi un autentico cammino di conversione. Chiediamo che si realizzino in noi le parole del Salmo 85 che dicono: ‘misericordia e verità si incontreranno, giustizia e pace ci baceranno’". Poi l’invito finale, spontaneo, vero. Don Federico invita tutti ad uscire fuori e godere del sole. "Della bella giornata che è". Di nuovo l’incoraggiamento. Quasi a dire: ci vorrà tempo. Ci vorrà – davvero – il senso di comunità. Nel senso più ampio del termine.