L'infermiere: "Questa pillola funziona. Mi ha salvato dal Covid"

Pisa, infermiere si sottopone alla cura attraverso il nuovo farmaco e sta bene. "Non ho più febbre né tosse da due giorni. Virus contratto nonostante i vaccini"

Stefano Dini

Stefano Dini

Sono quindici le persone che a Pisa sono al momento in cura con la pillola anti Covid (l’antivirale orale), il Molnupiravir, un trattamento eseguito nell’ambulatorio dei monoclonali di Malattie infettive di Cisanello (Aoup) sotto la guida del professor Marco Falcone. "Un farmaco - spiega Falcone, che è anche professore associato all’università di Pisa - che è un’arma in più per curare la malattia e per contrastare la diffusione del virus, anche se non è alternativa ma complementare al vaccino". La terapia deve essere precoce e iniziare nei primi 3-5 giorni dalla comparsa di sintomi (febbre, mal di gola, cefalea) e comunque preferibilmente entro i 5-7 giorni successivi alla positività del tampone. Le caratteristiche per rientrare nel percorso? Chi soffre di patologie pregresse e che manifesta fattori di rischio per la malattia grave: cardiopatici, malati oncologici, pazienti con patologie polmonari, immunodepressi in generale, pazienti diabetici con insufficienza renale. Sono 40 pillole in tutto da prendere in 5 giorni: 4 al mattino e 4 alla sera. Sempre a Pisa è cominciata anche la somministrazione ambulatoriale del Remdesivir, un farmaco endovena, il primo a essere stato approvato e adesso autorizzato per uso ambulatoriale.

Pisa, 11 gennaio 2022 - Stefano, cento chili di forza che ha usato per curare gli altri in questi due anni, si è trasformato in paziente in poche ore: "Sono salvo grazie alla scienza", dice. Stefano Dini, pisano (vecchianese) 54enne, è infermiere a Malattie infettive di Pisa (il dotto Riccardo Iapoce è facente funzione primario) dove vuole tornare "il prima possibile". Dopo quasi 24 mesi di battaglie in corsia (è stato anche al Covid hospital per un breve periodo), una mattina si è svegliato con il virus, come tanti dei suoi assistiti. E’ una delle quindici persone alle quali è stata somministrata la pillola anti-Covid nella città della Torre: si è sentito meglio in 12 ore.

Stefano, come si è accorto di essere stato contagiato? "Il 6 gennaio sono stato a fare un giro in bicicletta e il 7 mattina mi sono alzato con un po’ di mal di gola. Ho pensato di aver preso fresco perché avevo fatto il tampone rapido ed era risultato negativo. Poi è subentrata la febbre. Nel frattempo ho scoperto che un mio contatto familiare, anche in questo caso i tamponi erano negativi, era in realtà positivo. Allora ho eseguito il molecolare. Il responso è stato pesante". Lei, come infermiere, aveva già ricevuto la terza dose. "Sì, a ottobre. E se non avessi fatto il vaccino non so come sarebbe finita". Ha avuto sintomi, oltre alla febbre? "Tosse e raffreddore". Quando ha preso la pillola? "Ho cominciato la terapia due giorni e mezzo fa. Ho avvisato il reparto e il professor Falcone mi ha proposto la cura, ho comunicato peso, altezza e altre informazioni: avevo le caratteristiche per provarla". Qual è il percorso? "Ho effettuato gli esami del sangue e ho atteso le risposte. Sono 8 pasticche al giorno per cinque giorni. L’effetto, su di me, è stato immediato". Ce lo racconti... "Dopo il primo giorno mi sono svegliato al mattino seguente senza tosse né raffreddore. Sparita anche la febbre. Ora sono al 50 per cento dell’iter. Per me ha funzionato subito". Si è affidato ai suoi colleghi e ai medici... "Sempre: sono il massimo. Invito qui chi non crede a quello che può fare fisicamente e mentalmente il Coronavirus. Vivo in salute grazie alla medicina e in particolare al ‘mio’ reparto. Chi è impegnato da noi si rende disponibile a discapito di tutto il resto. Siamo stanchi, provati e anche un po’ scoraggiati". Stefano fa una pausa: solo chi ha visto e vissuto può capire. Vi sentite più soli ora o all’inizio? "Ora. Non siamo più gli eroi. E le istituzioni sembrano averci dimenticato". Hai mai pensato di smettere? "Mai. Infermieri si nasce. Anche ora spero di poter rientrare il prima possibile: gli altri devono sopperire al mio lavoro, i miei colleghi si fanno in quattro. In congedo non ci voglio stare". Uno sgu ardo in particolare che ricorda di questi lunghi mesi? "Quello di chi deve andare in Rianimazione. Quando glielo comunichi sono terrorizzati". Qual è la storia che le è rimasta più impressa? "Tante. Ma soprattutto quelle raccontate da coloro che, in lacrime e senza respiro, rimpiangono di non essersi vaccinati e di aver ascoltato solo voci". A tutti loro che cosa dice? "Se andrà tutto bene a me e alla mia famiglia (ora divisa tra positivi e negativi, perché il Covid fa anche questo, oltre a rovinare la salute fisica e mentale) è grazie ai vaccini e alla medicina". Che cosa si augura? "Di poter tornare in ospedale il prima possibile, a dare una mano: c’è molto da fare. La mia è una professione che ti prende il cuore".