di Giuseppe Meucci
PISA
L’arresto a Parigi di Giorgio Pietrostefani, insieme a un gruppo di ex brigatisti, mette un punto fermo in una storia lunga quasi mezzo secolo che prese avvio a Pisa il 13 maggio 1972 a margine della manifestazione organizzata da Lotta Continua in piazza San Silvestro dopo la morte avvenuta una settimana prima del giovane anarchico Franco Serantini, ucciso dalla polizia durante una carica sul lungarno Gambacorti quando in città si era scatenata una vera guerriglia per impedire il comizio del missino Beppe Niccolai. Secondo la sentenza che poi li condannò, fu in quell’occasione che Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani, i due leader di “Lotta Continua”, ordinarono a Leonardo Marino e Ovidio Bompressi di recarsi a Milano per uccidere il commissario Calabresi. Pentito e reo confesso, Leonardo Marino raccontò poi che di fronte a Pietrostefani che insisteva per “giustiziare” Calabresi volle conferma: "Così andai a parlare con Sofri, al termine del comizio per Serantini per avere la certezza che Adriano fosse d’accordo, e non trovarmi di fronte a un colpo di mano di Pietrostefani, sostenitore della linea militarista uscita vincente dal convegno di Lotta Continua di un mese prima a Rimini. E Adriano mi disse: ‘Fatela questa cosa, e speriamo che ci vada bene".
L’incontro di cui parlò Marino si sarebbe svolto in un bar che ancora esiste all’angolo fra via Garibaldi e via Santa Marta, vicino a piazza San Silvestro, dove si era svolta la manifestazione. Condannato come Sofri e Bompressi a 22 anni di carcere, Giorgio Pietrostefani si rifugiò a Parigi ben consapevole che per la cosiddetta “dottrina Mitterrand” la Francia non concedeva l’estradizione ai condannati per reati ispirati dalla politica. Figlio di un prefetto e fra i fondatori di Lotta Continua a Pisa, Pietrostefani ha sempre rappresentato l’ala più dura e intransigente del movimento. Famose le sue impuntature, gli suoi scarti d’umore, i rimbrotti elargiti a piene mani, le risposte brusche e scostanti. A una giovane militante intimò senza mezzi termini di non presentarsi più nelle assemblee con la minigonna. “Così mi disturbi gli operai”, aggiunse. A un’altra che nel clima frenetico di una delle tante occupazioni di facoltà era entrata in un’aula dove si teneva una riunione ingiunse: "Adesso esci, bussi, chiedi permesso e poi entri". Nel gennaio del 2000, pochi giorni prima della sentenza che avrebbe chiuso la lunga e tormentata vicenda giudiziaria seguita all’omicidio Calabresi, ben sapendo che non avrebbe avuto scampo, salì su un treno e scese a Parigi dove questi anni ha sempre vissuto. E chissà se ha mai riflettuto sul fatto che Adriano Sofri, suo compagno di tante lotte, all’indomani della sentenza, quando lui era già al sicuro sulle rive della Senna, si presentò al carcere di Don Bosco per scontare la condanna, pur dichiarandosi innocente. Rigido e intransigente, ma soprattutto con gli altri, oggi Giorgio Pietrostefani ha 78 anni e a Parigi ha vissuto lavorando in una comunità e contando anche su una pensione Inps di circa 1500 euro per l’attività lavorativa svolta in Italia in un’azienda di Reggio Emilia fino alla fuga. Quando nel 2006 il presidente Napolitano, anche sull’onda di un forte movimento d’opinione si orientò a concedere la grazia, il provvedimento di clemenza riguardò solo Bompressi. Sofri non volle mai firmare la domanda perché, così disse, “la grazia la chiedono i colpevoli, non gli innocenti” mentre Pietrostefani fu escluso in quando latitante. Ed ora quale sarà la sua sorte? E’ difficile che per lui si aprano le porte di un carcere. Ha 78 anni compiuti e uno stato di salute assai compromesso. Alcuni anni fa, colpito da un tumore epatico, è stato sottoposto a un trapianto di fegato ed è continuamente oggetto di terapie antirigetto che probabilmente non sono compatibili con uno stato di detenzione. Il caso della estradizione di Pietrostefani e degli ex brigatisti è seguito personalmente dal ministro guardasigilli Marta Cartabia e a breve si dovrebbe conoscere la sorte del leader di Lotta Continua quando tornerà in Italia vent’anni dopo la fuga.