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Peculato, la Cassazione: appello bis per un luminare pisano

Annullata senza rinvio la sentenza d’appello con riferimento al reato di truffa, limitatamente alla condotta relativa alle annotazioni sul cartellino presenze perché il fatto non sussiste. E annullata la medesima sentenza con riferimento al reato di peculato con rinvio ad un nuovo processo d’appello. L’ha deciso la Cassazione su ricorso del professor Andrea Riccardo Genazzani, luminare della medicina, 79 anni, assitito dall’avvocato Tullio Padovani. Quanto al peculato all’imputato, all’epoca dei fatti direttore del Dipartimento Medicina procreazione ed età evolutiva presso l’Università di Pisa, è contestato che svolgendo la cosiddetta attività professionale allargata alla Clinica di San Rossore e in altre strutture convenzionate, di essersi fatto corrispondere personalmente i proventi delle visite mediche svolte, piuttosto che indirizzare i pazienti alle receptions addette ai pagamenti, e di avere omesso di versare la percentuale spettante all’Azienda ospedaliera Pisana - parte civile con l’avvocato Francesco Maresca - sull’onorario percepito. Secondo le sentenze di merito - si legge - il reato peculato sarebbe configurabile perché l’imputato, pubblico ufficiale, si sarebbe appropriato di somme di denaro di cui avrebbe avuto la disponibilità per ragioni dell’ufficio, riscosse nell’espletamento delle visite eseguite nell’ambito della sua attività professionale di intramoenia allargata.

Secondo gli ermellini la Corte di appello, ha operato con una ricostruzione fattuale . Ma soprattutto senza spiegare ; e se ed in che limiti vi fosse dipendenza funzionale tra l’attività dell’imputato e la disponibilità di quelle somme>. Da qui il rinvio in appello per verificare se, e in che termini, sussite il reato di peculato.