La mia vita passata in bici. Santochi, il decano dei ciclisti: "Tutto cambia, non la passione"

A 87 anni seguirà la gara come sempre a bordo della sua Bianchi del 1940 a due stecche "Ho parlato con Coppi a Fornacette e Mercx mi scrisse una lettera. Oggi sarebbe impossibile".

La mia vita passata in bici. Santochi, il decano dei ciclisti: "Tutto cambia, non la passione"

La mia vita passata in bici. Santochi, il decano dei ciclisti: "Tutto cambia, non la passione"

Marusco Santochi, 87 anni, di Mezzana, è il decano dei ciclisti pisani e dei collezionisti di bici storiche da corsa, ed è ’ambasciatore’ di quella strana disciplina che è il surplasse ossia l’abilità di rimanere in equilibrio sulla bici da corsa, da fermo, un’apnea di equilibrismo. Non ha molto tempo per rimanere al telefono perché sta partendo alla volta di Lucca da dove passa il Giro d’Italia (non se ne perde uno dai tempi di Coppi che ha ovviamente conosciuto). Al Giro, ci va inforcando una delle sue Bianchi da collezione "e visto che l’occasione è speciale, ci vado con una bici speciale, una Bianchi del 1940, la prima bicicletta con due stecche". Due stecche sta a significare che il ciclista per cambiare rapporto doveva pedalare all’indietro azionando in contemporanea due leve sulla forcella posteriore.

Come si è appassionato di ciclismo?

"Mio padre nel 1935 aveva una bicicletta fantastica, una bici "giro ruota". Cioè aveva due soli rocchetti: uno per la salita e l’altro per la discesa. Io arrivavo in cima a monte, giravo la ruota e giù a perdi fiato e senza fiato rimaneva anche mi vedeva".

Quanto è cambiato il ciclismo?

"L’ambiente tantissimo. Sono cambiati anche i ciclisti. Vi racconto questa storia: era il 1959 e Fausto Coppi correva sul velodromo di Fornacette. Io ero incantato dalla sua eleganza e forza. Sono riuscito ad entrare nel velodromo. Ho aspettato che finisse, poi mi sono avvicinato e gli ho chiesto se potessi potargli la bici fuori. Lui mi ha detto di sì. Abbiamo chiaccherato, ci siamo fatti la foto. Poi è stata la volta di Eddy Mercx che ho incontrato sul circuito di Larciano. Gli mandai gli auguri per la nascita della figlia, lui mi rispose con una lettera. Oggi è difficile anche soltanto salutare un ciclista".

Oltre ai ciclisti, sono cambiate anche le corse?

"Una volta ad esempio, non c’erano le ammiraglie. Se foravi era un problema tuo. Ed allora cuci e scuci i tubolari e dagli di mastice. E poi un tubolare costava mille lire. Andava sempre e comunque salvato".

Si gareggia con muscoli, cervello, strategie ma anche con tecnologia ed alimentazione a base di integratori, barrette, glucosio. Insomma ci vuole il nutrizionista. Lei come la vede?

"Cesare Del Cancia, pontederese vinse la Milano Sanremo nel 1937 e tre tappe del Giro d’Italia. Aveva il fratello che lo accompagnava e gli dava lo zabaione mentre correva. Sì, i tempi cambiano".

Quanto pesano le bici da corsa storiche che usa?

"Eccoci alla tecnologia. Le mie bici pesano in media 11.5 chili. Oggi quelle del Giro, pesano 6.8 chili. Ma non le cambierei con le mie".

Neppure la voglia di provarle?

"L’attuale parola d’ordine è rigidità, forcelle dritte, manubri stretti. Sono difficili da gestire. La parola d’ordine nel passato era flessibilità. Le forcelle erano ricurve, i manubri larghi. Eppure erano tecnologiche anche quelle". Il nostro Santochi ha partecipato a tutte le edizioni della ciclostorica "Eroica" dal 2001 al 2016, poi l’Etrusca a Bolgheri.

Carlo Venturini