
Gabriele Cimini, dunque, va a Tokyo e il 30 luglio sarà in pedana nella nazionale della spada italiana. Non male per uno che aveva cominciato con il fioretto...
"Sono felicissimo. Soprattutto considerando il percorso che abbiamo fatto: siamo riusciti a qualificarci matematicamente già prima della pandemia. E il rientro, dopo un anno di stop forzato, è stato decisamente molto buono".
Ma davvero a un certo punto ha deciso di cambiare arma?
"Sì, ma in realtà non è così strano. In palestra da noi si comincia sempre dal fioretto. Poi si provano anche la sciabola e la spada e, almeno finché è possibile si portano avanti due armi. Solo dopo ci si specializza".
Metodo Di Ciolo?
"Il metodo, in realtà, è un po’ più complesso. Il percorso, però, è più o meno quello che ho indicato. Comunque il fioretto non l’ho abbandonato del tutto: in palestra, per divertimento, ogni tanto lo ripendo in mano...".
Con quali risultati?
"Stendiamo un velo pietoso. Diciamo che la scelta di cambiare arma e passare alla speda è stata la più saggia che potessi prendere (ride ndr)".
La prima Olimpiade pochi mesi dopo la scomparsa di Antonio Di Ciolo.
"Già. La sento un po’ come una responsabilità perché se sono diventato l’uomo che sono, lo devo proprio a quella palestra, ad Antonio e ad Enrico".
L’uomo o l’atleta?
"Soprattutto l’uomo perché, in pedana, ci vai tu e devi essere sempre te stesso. Pensi solo a due campioni assoluti come Piccini e Sanzo...".
Che c’entra, scusi?
"Due fuoriclasse assoluti. Formidabili eppure diversissimi. Lo sa perché? In pedana erano loro stessi. Così ci insegnano alla "Di Ciolo": ad essere sempre noi stessi, con o senza arma".
E’ vero che è anche un grande appassionato di giochi di magia con le carte e che ha teorizzato una sorta di analogia fra questa e la scherma?
"Confermo, ma qui i Di Ciolo non c’entrano nulla (ride ndr) Questa è farina del mio sacco" Ci spieghi.
"In entrambe è centrale il concetto di "conduzione dell’attenzione": il mago deve guidare quella dello spettatore dove vuole lui. E lo stesso devi fare nella scherma: il controllo della situazione è fondamentale in entrambe le discipline".
Si aiuta anche con la meditazione nella preparazione di una competizione così importante?
"Lo faccio dal 2017, dopo un corso al centro buddista di Pomaia. Lo feci perché era un mondo che mi aveva sempre appassionato e perché non avevo una grande stima dei mental coach in cui mi ero imbattuto nella mia carriera sportiva. Mi si è aperto un mondo: pratico tutti i giorni la meditazione vipassana o mindfulness, basata sulla concentrazione del respiro".
Fra. Pa.