
di Antonia Casini
Francesca è intervenuta durante la tragedia del Ponte Morandi; Cristina ricorda quando la chiamarono per soccorrere una donna che si era tolta la vita; Maura racconta quando nell’incendio di una casa morì un nonno. Tre storie, fra tante, che fanno parte del loro lavoro e della loro vita. Abbiamo incontrato queste vigili del fuoco al comando di Pisa dove sono in tutto 5 le donne (circa 200 in Italia). Ci hanno spiegato quello che affrontano ogni giorno, le difficoltà e le soddisfazioni. Francesca Giorgi è autista e addetta di sala operativa. E’ nel corpo da 8 anni. "Il mio compagno è vigile del fuoco e così ho conosciuto questo mondo dal quale sono rimasta affascinata. Perché se non comprendi e sperimenti questa realtà, non pensi neppure di poterne far parte". Come molti, ha cominciato come discontinuo: ora guida mezzi impegnativi per i quali ha svolto un corso di formazione acquisendo la patente speciale. "Serve tanta concentrazione – ci dice – E’ difficile trovarsi davanti alcuni scenari, ma la nostra forza sta nella squadra. Siamo sempre un po’ sotto esame, tra gli uomini, ma, alla fine, facciamo parte di una squadra. Quando crollò il ponte a Genova arrivai con il veicolo a 200 metri perché le strade di accesso erano piene di camion. Ho cercato il mio collega, che era al mio fianco, e non l’ho più trovato. Era fermo in piedi più avanti, non ha più parlato per mezz’ora". "Sono episodi che ti restano dentro", aggiunge.
"Per entrare, occorre eseguire prove ginniche non facili (in altri corpi sono distinte) – prosegue Maura Beghé, operatrice aeroportuale – come saltare un muro di 2 metri o portare un manichino di 40 chili. Le domande per entrare sono tante e non tutte riescono a superare questi scogli. E’ dagli anni ’90 che il mestiere si è aperto alle donne. C’è un nuovo concorso in questi giorni. In aeroporto si utilizzano mezzi ancora più grandi che non possono viaggiare per strada: si dice che un intervento lì equivalga a un’intera carriera in centrale. A volte, ci si deve coordinare con i mezzi militari". Poi ricostruisce un incendio dove rimase coinvolta tutta la famiglia, "non trovavamo più il nonno che poi abbiamo rinvenuto carbonizzato". Anche Cristina Cini è operatrice aeroportuale, ora, però è alla caserma sul viale delle Piagge. "Una specializzazione che andrebbe valorizzata – Ci sono tre minuti di tempo per agire e salvare le persone: bisogna essere veloci e agili". Cristina è mamma di un bimbo. "La sera, anziché raccontargli le favole, gli parlo spesso del mio lavoro, vorrei trasmettergli l’importanza di impegnarsi per gli altri. Ma non è facile. La polizia, per esempio, ha l’asilo interno. Lo Stato dovrebbe garantirli in tutti i corpi. In caso di calamità, sarebbe importante per le madri che partono". La scala italiana (attrezzo dei pompieri) è un ostacolo per tutti. "Ci è capitato che i colleghi uomini non fossero in grado di superarla". "A me hanno fatto l’applauso quando sono scesa", dice Francesca. "Talvolta siamo considerate l’anello debole della catena, ma poi, diventiamo un punto di riferimento grazie al nostro impegno". "Un giorno – afferma Maura – sono passata da una finestra stretta per aiutare una famiglia. I miei colleghi non ci sarebbero entrati".