ELEONORA MANCINI
Cronaca

Villa Romboli, inarrestabile declino. Marcisce la casa che ospitò la Duse

Il restauro inserito nel progetto del Porto non è mai iniziato

La facciata del palazzo in rovina (foto di Valtriani)

Pisa, 26 agosto 2017 - Solo  un’ode alla decadenza. Questo, oggi, ispira Villa Romboli a Marina di Pisa. La colpevole decadenza che da decenni strazia quel palazzotto liberty all’ingresso di Marina sarebbe un infinito giacimento per immaginifiche liriche di aspiranti poeti. Pubblicizzata sui siti internet di promozione turistica come uno dei luoghi dell’idillio fra il Vate D’Annunzio e la Divina Duse, Villa Romboli è in marcescenza e s’ignora quanto ancora dovrà durare il suo inarrestato declino.

Pochi metri la separano dal Porto di Marina, ombelico della movida political-chic dell’estate pisana; è qui che il pavimento lastricato con i celebri versi di Tenzone segna il confine fra la Dolce vita marinara e quel lacrimevole monumento tombale alla cultura.

Si racconta che villa Romboli fosse chiamata ‘la casa delle rondini’ dai vecchi marinesi, perché la Divina volle salvarne i nidi quando i proprietari vi fecero dei lavori. Anche oggi quel palazzotto sventrato ospita molti nidi d’uccelli e insetti sui soffitti mangiati dal solleone e dall’umidità, mentre sul pavimento a losanghe bianche e nere un tappeto di insetti morti e guano crocchia e crepita sotto ogni passo. Due palme, davanti all’ingresso della proprietà, come obelischi celebrativi sono a rammentare la «magnifica presenza» della Duse che qui scelse di avere dimora nell’ultimo decennio dell’Ottocento.

Entrare nelle stanze della Divina è come un ingresso nell’inferno; basta scostare una blanda recinzione d’alluminio, posta dietro a un bagno chimico, fare attenzione a non inciampare in rovi e sterpi e ci si trova davanti al crepuscolo di un bene culturale. Chissà in quanti hanno violato quest’alcova d’esteti; vecchi scarponi, coperte lacerate, giacche, bottiglie, lattine sono i resti di un rifugio clandestino usato da chissà chi e chissà quando. I finestroni sono crollati sullo scalone di pietra all’interno e il balconcino in ferro battuto del piano nobile è ruggine che si sfarina nelle mani.

Del futuro di Villa Romboli si sogna sin dal 2004, quando il progetto del porto turistico di Marina si fece concreto. Per questo spicchio di poesia lasciato andare in malora era stato disegnato un futuro: risparmiato dalla bonifica dell’ex Motofides per realizzare il bacino portuale, l’edificio sarebbe stato restaturato e conservato. La Boccadarno Porto di Pisa, la società proprietaria dei terreni che, oltre al porto, avrebbe dovuto edificare anche residenze, negozi e locali per uso artigianale e servizi, non ha ancora iniziato tutti i lavori previsti e annunciati. Fra questi c’era il restauro conservativo della casa di Eleonora Duse.

Una ferita per i marinesi e un colpo d’occhio che racconta una storia irrisolta a turisti e forestieri che arrivano a Marina, magari invogliati dalla pubblicità che li invita sui luoghi che ispirarono Gabriele D’Annunzio. Quel D’Annunzio la cui casa del Vittoriale vive da qualche anno una seconda vita e che, gemellata con le case di Pascoli a Barga e di Puccini a Lucca, porta turisti e diffonde cultura. Ma a Marina, «ogni passato mal nell’oblìo cade».