
Dentro la Domus Galilaeana
Pisa, 15 febbraio 2020 - Buon compleanno Galileo. Il regalo potrebbe arrivare presto. La speranza è alta, l'impresa sembra impossibile, la scadenza 'non plus ultra' è giugno. Eppur qualcosa si muove, verrebbe da dire, per salvare in extremis la Domus Galilaeana, l’Istituto di cultura fondato nel 1941 per iniziativa di Giovanni Gentile e l’appassionato empito di Sebastiano Timpanaro sr che ne fu anche il primo direttore. Il nuovo commissario straordinario (il terzo), Massimo Asaro, della Scuola Normale, nominato a fine dicembre dal prefetto, da gennaio è al lavoro fra conteggi, incontri e sopralluoghi in una corsa contro il tempo per evitare l’estinzione della Domus.
Entro giugno Asaro dovrà presentare al prefetto Giuseppe Castaldo una soluzione che permetta, se possibile, di mantenere in vita questa istituzione, riformulandone lo Statuto sulla base degli enti che vorranno entrare a far parte di questo progetto. Sinora, oltre alla Normale, hanno dimostrato il loro interesse l’Ateneo, il Comune e la Sant’Anna. Si attende una risposta anche dalla Regione, sinora inerte e assente. La disponibilità delle istituzioni da sola, tuttavia, non basta, perché serve un progetto anche per l’immobile entro cui, sin dalla fondazione, è ospitata la Domus: il Palazzo della Specola in via Santa Maria – che fu anche il primo osservatorio astronomico pubblico della Toscana - di proprietà del Demanio, ha difatti bisogno di imponenti interventi strutturali che, per quanto riguarda la facciata, già anni fa la Fondazione Pisa si era offerta di finanziare. Già, ma chi redige il progetto? Chi ne sostiene i costi? I rappresentanti del provveditorato alle OO.PP. del MIT e quelli dell'Agenzia del Demanio si sono attivati per individuare una soluzione, su impulso del commissario.
E, nelle more di un eventuale risistemazione dell’immobile, dove andrà a finire il suo immenso e importante patrimonio? Idee e ipotesi in campo sono molte e il solo fatto che alcune delle maggiori istituzioni della città siano unite in questa complessa impresa che si scontra con i lacci della burocrazia è già una nota positiva. Nelle ultime settimane si sono intensificati i sopralluoghi, gli incontri e i contatti mentre i riflettori sono accesi e puntati ormai in modo fisso e risoluto. Sia il rettore dell’Ateneo, Paolo Mancarella, sia l’assessore alla Cultura del Comune di Pisa, Pierpaolo Magnani, hanno dichiarato a La Nazione la ferma volontà di trovare una soluzione. Lunedì, intanto, è in programma un incontro con il Demanio per esaminare lo stato dell’immobile, mentre un tecnico incaricato dalla Normale dovrà relazionare sulla idoneità degli ambienti di lavoro.
La Domus, in via Santa Maria, che pochissimi pisani invero conoscono non è la casa natale di Galileo – a Pisa ci sono già tre edifici che si contendono i primi vagiti dello scienziato -, ma è qualcosa dal respiro molto più alto, perché nell’idea fondante del 1938 avrebbe dovuto “promuovere studi e ricerche sull’opera di Galileo Galilei e sull’intero corso storico della scienza antica, moderna e contemporanea”. Gli archivi e la corrispondenza di scienziati come Fermi, Favaro, i quaderni di appunti di Ettore Majorana, i manoscritti di Pio Emanuelli e le lettere di Schiaparelli, tutta la bibliografia su Galileo, alcune sue lettere e anche alcuni strumenti di Fermi, Pacinotti etc. questo è il patrimonio straordinario conservato fra il piano terra e il primo di via Santa Maria. Il progetto era ambizioso e in una città come Pisa nessuno avrebbe immaginato potesse mai naufragare. Eppure così è stato e, a parte un momento di speranzosa ripresa grazie all’intervento di Fabio Beltram, ex direttore della Normale nominato commissario dal 2012 al 2016, e ai finanziamenti della Fondazione Pisa, dal 2016 la vita della Domus si è di nuovo interrotta. Perché questa istituzione è ‘acefala’ e di fatto non è di nessuno.
Un anno fa il caso è riesploso su La Nazione, quando denunciammo la disastrosa situazione della Domus che ancora sopravvive grazie al ‘volontariato’ della cooperativa chiamata a gestirla (i dipendenti sono senza stipendio da un anno) nonostante i tagli delle utenze di gas e internet, e grazie alla Scuola Normale che se ne è fatta provvisoriamente carico più per senso di responsabilità che per effettiva competenza. Perché la Domus, sarebbe di tutti, cioè della comunità, ma, come si diceva, non è di nessuno e, da statuto, dovrebbe reggersi attraverso propri progetti approvati da un cda con un proprio direttore. Tutto questo manca ancora oggi, dopo il diniego della Regione di nominare un proprio componente. E così la Domus da dicembre è di nuovo commissariata e ancora una volta è la Scuola Normale a dover trovare una via d’uscita.
Fra i cimeli 'imprigionati' nel Palazzo: toga e tocco di Antonio Pacinotti e le Sorgenti di Enrico Fermi
Sono tanti quelli che suonano ogni giorno al campanello della Domus Galilaeana leggendo in alto, sul Palazzo della Specola, il nome del grande scienziato e immaginando si tratti della suacasa. Sono di solito turisti, diretti o di ritorno dalla Torre che, per viaSanta Maria, incrociano questo luogo. Ci sono anche studiosi che qui vengono da ogni parte del mondo a consultare documenti, disegni, carteggi, articoli raccolti negli oltre 40mila volumi della Biblioteca o negli archivi di fisici e studiosi che hanno fatto la storia della scienza. Perché la Domus è in effetti la casa della Scienza, e il suo valore è universale. Qui per anni è stata preservata la Cep, la Calcolatrice Elettronica, la nonna del moderno pc, prima di essere trasferita al Museo degli Strumenti per il Calcolo dell’Università. L’ingresso, al piano terra, reca targhe e omaggi a Galileo, e poi, in una sala, si apre alla vista la preziosa biblioteca di Pio Emanuelli, l’astronomo responsabile della Specola Vaticana,il cui archivio egli donò alla Domus. Qua e là strumenti scientifici della prima metà del ‘900 che anticipano in qualche modo il patrimonio del primo piano: librerie e arredi anni Quaranta, strumenti scientifici, qui tutto parla di Galileo e dei suoi eredi.
Inagibili il secondo e il terzo piano dove visse anche Antonio Pacinotti. Di lui rimangono la toga e il tocco, ancora entro una teca che faceva parte della esposizione del Museo poi dismesso, e altre macchine da lui create, come quella “elettrodinamica traslatoria a laccio elettromagnetico”. Fra i materiali e i cimeli ci sono anche strumenti per l’osservazione del cielo e le famosissime Sorgenti di Enrico Fermi, i cilindri con la sorgente radioattiva. Entro una scatola di legno e isolate da un lenzuolo di piombo, le Sorgenti facevano parte degli strumenti che Enrico Fermi aveva utilizzato col gruppo di via Panisperna negli studi sulla radioattività che poi gli valsero il premio Nobel.