Cura al plasma, avanti con cautela. "Vietato offrire false speranze"

La ricerca sul sangue iperimmune è ancora in fase di sperimentazione. Il virologo Menichetti avverte "Non spacciamola per un salva-vita. Il Natale? Bisogna essere realisti, altro che pensare allo shopping"

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Pisa, 19 npvembre 2020 -  «Sono al momento 320 i pazienti arruolati dal protocollo Tsunami, la sperimentazione clinica nazionale per la cura dei pazienti Covid con il plasma iperimmune donato da chi è guarito dalla malattia". L’infettivologo, Francesco Menichetti, fa il punto della situazione, ma mette in guardia dal rischio di saltare troppo presto alle conclusioni sull’efficacia o meno della cura: "I primi risultati della sperimentazione li avremo a fine mese e ora non sarebbe serio fare previsioni, perché non ci sono ancora sufficienti evidenze scientifiche per dire se questa cura è efficace o se non lo sia".  

E chi come a Padova (ma l’ospedale veneto non ha aderito alla sperimentazione nazionale) pensa che la cura al plasma sia l’unica soluzione per sconfiggere il Covid, secondo Menichetti si sbaglia di grosso: "A Padova trattano questa terapia come un salvavita, ma è troppo presto per farlo e così si rischia persino di alimentare false speranze".  

Ora però il protocollo Tsunami, avviato ad aprile, è ripartito a pieno ritmo e anche il numero dei donatori si è fortemente incrementato. "Sul territorio nazionale - spiega Menichetti - abbiamo 1600 sacche di plasma ad alto titolo (sufficienti per eseguire 800 trattamenti) e il problema è semmai la distribuzione di queste sacche perché, ad esempio, a Pisa e in Toscana ne abbiamo, ma in numero appena sufficiente per impiegarle sia nella sperimentazione che per uso compassionevole, ma chi dice, anche in Tv, che va tutto bene non fa un buon servizio né al Paese, né soprattutto ai malati". L’infettivologo critica anche il modello adottato dal Governo con le tre fasce di rischio che colorano le Regioni: "Registriamo 700 morti al giorno e più di 30 mila positivi - sbotta Menichetti - e continuo a sentir parlare di come passeremo il Natale in serenità. Io penso che non ci sia niente da festeggiare quest’anno, altro che shopping". Ciò che serve realmente, secondo il medico, "è lavorare duramente per il beneficio sanitario e solo da quello ne deriverà anche un beneficio socioeconomico: la crisi è causata dall’epidemia e non dal lockdown". "E invece - osserva Menichetti - la comunicazione istituzionale si sta allineando a un messaggio cautamente positivo, con frequenti richiami al Natale sereno. I numeri purtroppo però non vanno nella stessa direzione. Sarebbe stato assai più efficace un lockdown duro, tempestivo, di 4 settimane per rientrare nella tracciabilità e ridurre le curve del contagio, perché il vero punto debole è la convivenza domestica. Lì vengono allentate le regole ed è quella a più elevato rischio perché mischia bambini, giovani, adulti e anziani. Comportiamoci tutti come se fossimo positivi e asintomatici, mantenendo le distanze e adottando le necessarie precauzioni".