C’era una volta una terra rossa Porta a Mare, nostalgia operaia

Il quartiere popolare cerca una nuova identità: il cuore batte a sinistra ma il centrodestra vince il primo duello. Al Circolo Arci ancora bandiere con la falce e martello: "Ma pochi soci rimasti, non c’è stato un vero ricambio".

C’era una volta una terra rossa  Porta a Mare, nostalgia operaia

C’era una volta una terra rossa Porta a Mare, nostalgia operaia

di Saverio Bargagna

Le ciminiere in mattoni grattano il cielo simili a lunghe lance che perforano un’armatura di tetti sconnessi fra le case di via Conte Fazio. Il vento salmastro frustra una bandiera rossa con la falce e martello, emblema della facciata color mandarino del Circolo Arci "Pace e lavoro". A richiamare il passato operaio di Porta a Mare non vi sono molte altre vestigia. Il quartiere della Saint Gobain e della Piaggio, dilaniato dalle bombe della seconda guerra mondiale per lunghi decenni è stata "culla rossa", ma oggi il voto vira lungo accenti di centrodestra: 494 voti in favore di Michele Conti, 462 in favore di Michele Martinelli al primo turno.

Al Circolo Arci di via Nino Pisano si prepara il pranzo, prezzi popolari "per gli operai che qui trovano ristoro". Magliette e sciarpe del Pisa si rincorrono lungo le pareti "perché parliamo di politica, ma siamo anche grandi tifosi". Marco Pavolettoni si asciuga le mani al grembiule "siamo di sinistra e su questo non ci piove, ma il quartiere intorno a noi è profondamente mutato. Basta guardarsi intorno per rendersene conto: villette di persone abbienti, oppure appartamenti affittati agli studenti. Operai e famiglie? Sempre meno". Così anche l’esito delle urne non sorprende affatto "anche se i nostri soci sono tutti rigorosamente di sinistra... i pochi che sono rimasti". Carlo Davini, sorseggia un caffè al banco "sono un operaio in pensione e un portammarese doc, ma qui siamo rimasti ben pochi – garantisce –. Il quartiere si è imborghesito, che ci vogliamo fare? Qui contadini e operai sono spariti e allora quale futuro può avere la sinistra come l’abbiamo conosciuta una volta? E, soprattutto, oggi, di quale sinistra stiamo parlando?". "Il rosso è sbiadito – fa eco Federico Collavoli ridendo –. Anche io ero comunista negli anni ’70, ma oggi di quel mondo non c’è più niente. E allora ho votato ’quelli’ della Meloni".

Qualche metro più in là, dove sorge il Cinema Lanteri, l’ex circolo Acli è stato sostituito dallo ‘Snake Bar’. "Ci siamo trasformati, come tutti, per sopravvivere – ammette Giovanni Giari asciugando le tazzine –. I Circoli della zona non hanno avuto scelta, sono diventati bar o ristoranti pur di restare aperti e tirare avanti". Allarga le braccia: "Questo quartiere è nato operaio, ma non lo è più da un bel po’ di tempo. Il sentimento di chi vi abita è mutato, prevale l’individualismo. Ho provato, anche personalmente a far riemergere uno spirito più comunitario: ho organizzato feste anche in strada, ma la partecipazione affettiva è scarsa e abbiamo dovuto smettere. Il quartiere, come un tempo, non c’è più è morto".

Fuori il traffico si fa intenso, è l’ora di punta: nel parcheggio dove si trova la nostra auto la bandiera rossa è avvolta su se stessa. Il vento dal mare si è placato fra le ciminiere e le torri-cisterne: nel cielo plumbleo di questo strano maggio appaiono come braccia levate al cielo di una pianta con sempre meno radici.