Martina Del Chicca
Cronaca

Bambino rapito, dopo l'incubo la famiglia si riunisce

Al momento la giovane coppia romena è ospitata in una casa d'emergenza insieme al piccolo, ma presto tornerà a casa. In Romania

La rapitrice ripresa dalle telecamere mentre porta via il bambino sul passeggino

Pisa, 4 settembre 2016 - Lasciare tutto: una terra, una famiglia, una manciata scarsa di sicurezze per inseguire una piccola possibilità in un altro paese. E una volta arrivati non trovare niente di niente, e rischiare di perdere la più grande fortuna che il cielo ti abbia concesso. Un figlio, la creatura che vale ogni giorno, ogni notte insonne. E’ difficile perfino immaginare il tormento di quella mamma e di quel papà, stranieri in terra straniera. Buttati dalla stanchezza sotto una pensilina poco distante dai binari, che quando hanno riaperto gli occhi dopo un sonno leggero non hanno più ritrovato il loro bimbo. Tre anni.

Un incubo lucido, raccontato per metà dai fotogrammi della telecamera (Guarda il video) che mostrano una città deserta e una donna che spinge fuori da via Corridoni quel passeggino rubato. Un incubo durato 8 ore, indimenticabile. Anche per le forze di polizia, che con un’indagine lampo hanno riunito la famiglia. Che per il momento è ospitata in una sistemazione d’emergenza in città; il consolato romeno ha già comprato per loro un biglietto aereo. Per tornare a casa, una volta terminate tutte le pratiche burocratiche; per lasciarsi migliaia di chilometri alle spalle questa storia ingiusta. «Perché non siamo di fronte a due genitori sconsiderati – spiega l’assessore al sociale Sandra Capuzzo –. Chi è intervenuto ha subito compreso che tra i genitori e il figlioletto c’è un legame forte. Nessuna storia di degrado, di abbandono. Una storia triste e assurda, questo sì». Da cui si deve, si deve, imparare qualcosa.

La domanda infatti è «come?». Ci si chiede come sia possibile che nessuno abbia visto quel fagottino indifeso. Riuscendo a prevedere il pericolo che correva in quel momento di debolezza dei suoi genitori, che ne avevano perso il controllo. «Erano le due di notte, e la famiglia era appena arrivata col treno da Viareggio – spiega il questore Alberto Francini –. Di notte alla stazione c’è solo una pattuglia della Polfer. E le emergenze in questa zona si ripetono» Poi è routine imbattersi in anime stanche, addormentate sul marmo freddo in quella terra di frontiera che è la stazione in genere e così quella di Pisa. Non alle 2 di notte, ma già alle 22 trovi vite infelici accasciate negli angoli. Che sorpassi come niente; qualcuno forse sì: un occhio ce lo lascia scivolare su quelle ombre addormentate, talvolta stordite da un goccetto che non è mai l’ultimo. Ma poi si tira dritto, spinti via dai timori e dalla coincidenze dei treni da prendere al volo.

Anche questa è la stazione, crocevia dell’indifferenza. Qui vale tutto, qui c’è un posto per tutti. Per chi non ha un altro posto dove andare, per chi in questo clima da girone ci sguazza per qualche sporco traffico, per chi approfitta di un attimo di distrazione per sfilarti l’Iphone di tasca. O, addirittura, portarti via un figlio. Perché la stazione non può diventare come un aeroporto? Con quei pavimenti luccicanti, controlli serrati, senza tanfo di muffa e pipì. Perché le Ferrovie non investono in questo. Non per levare dalla vista dei viaggiatori o pendolari qualche scena scomoda, ma per restituire dignità alle città e ai suoi centri.