
Giorgio Terruzzi
"Possiamo anche pensare e dire di non occuparci di sport, trattarlo superficialmente come fosse solo una questione di tifo, da TV e divano e basta. La realtà è che tutti noi facciamo sport nella vita, anche se non ce ne accorgiamo". Di questo e molto altro parlerà Giorgio Terruzzi, ospite del primo giorno del Bellavista Social Fest di Borgo a Buggiano, domani alle 19. Giornalista e scrittore milanese nato nel 1958, Giorgio Terruzzi è uno dei cronisti che più da vicino ha avuto l’opportunità di conoscere e raccontare i grandi campioni del motorsport (e non solo) da metà anni ‘70 in poi: Michael Schumacher, Ayrton Senna, Valentino Rossi, giusto per citarne alcuni, ma la lista da sola occuperebbe l’intera pagina.
Da dove arriva la voglia di narrare il lato umano dello sport, di andare oltre al risultato?
"A me le persone incuriosiscono da sempre, da quando ero bambino. Mio nonno mi diceva: ‘Giorgino, cosa siamo qui a fare se non a badare agli altri?’. Nello sport c’è tantissima umanità, molto più nelle sconfitte che nelle vittorie: quando il campione inciampa, lo sentiamo molto più vicino a noi, troviamo un legame empatico con quell’essere umano che altrimenti compie gesti e vive situazioni assolutamente lontane dalla nostra portata. E questo ce li fa sentire più vicini".
Dopo averlo vissuto e raccontato per quasi mezzo secolo, l’attuale motorsport riesce ancora ad emozionarti?
"Nel motorsport, ma nello sport in generale, oggi è quasi impossibile avvicinare e parlare vis-à-vis con i protagonisti. Le modalità di comunicazione sono cambiate radicalmente rispetto al passato, e le storie adesso sono più nascoste. Però ci sono, eccome se ci sono. Questa stagione di Bagnaia in MotoGP varrebbe un libro, quella dei fratelli Márquez un altro. Lando Norris in Formula 1, che nell’anno buono per il Mondiale si ritrova un compagno di scuderia fortissimo? Sono tutte vicende umane estremamente affascinanti ed emozionanti, anche se meno accessibili dall’esterno. Gli indizi, però, ci sono".
Degli sportivi ancora in attività, chi si meriterebbe la sceneggiatura di un film?
"Penso subito a Giovanni Soldini. Una vita ad altissima intensità. Dopo aver compiuto imprese incredibili sulla sua barca, si è dedicato all’ambientalismo con un attivismo spiazzante ed efficace. Ma non rinuncio a scrivere la sceneggiatura della vita di Alessandro Zanardi. Una persona che è andata sempre oltre i propri limiti, che ha ispirato milioni di persone con i suoi risultati sportivi e umani, rimboccandosi sempre le maniche anche quando sembrava finita".
E su Robert Kubica, vincitore della 24 Ore di Le Mans?
"La sua vita è già un film, non c’è bisogno di cambiare una virgola. Un fuori-media assoluto, oltre che un carissimo amico".
Fanta-motorsport, sogniamo un po’: che impresa vorresti vedere per poterla raccontare ai posteri?
"A me piacerebbe vedere un giovane che stupisce in Formula 1 su una macchina non di prima fascia, tipo un Gabriel Bortoleto che vince un Gran Premio con la Sauber, qualcosa del genere. Mi piacerebbe vedere in pista qualcuno che sovverta i pronostici. Non dimentichiamoci che il motorsport è un universo di campioni mancati a causa di mezzi non all’altezza: anche nel modo in cui si combattono queste difficoltà e si prova a sopperire alle mancanze dell’auto si vede la caratura mentale non solo dell’atleta, ma anche dell’uomo".
Francesco Storai