Natalino Benacci
Cronaca

Streghe, buffardelli e basilischi incantano gli iscritti all'Università della Terza Età

Un ricercatore racconta le leggende dei paesi della Lunigiana e della Garfagnana

Mauro Ferraguti mentre parla dei folletti del bosco

Massa, 12 novembre 2017 - METTI NEL bosco un buffardello … . Folletto curioso, invisibile e mattacchione, che butta all’aria la cucina, scambiando il sale con lo zucchero o i porri della torta, la vigilia di Natale, con le ortiche. A trattare il tema 'Figure magiche e parole per dar vita all’invisibile nella tradizione popolare dell’Appennino' l’Università delle Tre Età ha chiamato il dottor Mauro Ferraguti che organizza il Festival della Montagna a Berceto, evento gettonato dagli appassionati di storie e leggende dell’universo magico delle civiltà contadine. Conferenza seguitissima su un tema che ha scatenato la curiosità. L’immaginario trova in Lunigiana leggende che tramandano frammenti di una cultura quasi estinta ma che sembra sul punto di riaccendersi a testimoniare un’antica e nuova capacità di creare il «fantastico». Il relatore ha proposto le ricerche fatte intervistando i superstiti dell’antico focolare nei paesi di crinale della Lunigiana, in Garfagnana e nell’Emilia. «C’è una ricchezza da scoprire - ha detto Ferraguti - e la parola è il primo strumento per tramandare. Oggi sembrano prevalere le immagini, ma ‘il verbo’ è il vero custode delle suggestioni culturali. Nominando un personaggio del mito, che fa paura, lo si disarma».

La mitologia della montagna è animata di figure che l’immaginario colloca non solo nel bosco, ma anche nella realtà quotidiana. Murate sulla facciate della case rurali compaiono maschere di pietra scolpite con stili diversi denominate in dialetto i «facion». A quelle teste litiche viene attribuito un significato magico-religioso di tipo apotropaico (scaramantico) come tutela contro possibili malefici. Tra gli spiritelli della tradizione di paesi come Guinadi, Sassalbo, Monchio delle Corti, Agliana c’è sempre il buffardello: gnomo acrobatico, non cattivo ma dispettoso (forse erede di Fauno, antico dio silvestre), si dice balli con le fate di Pulica le notti di luna piena. In Lucchesia è conosciuto come Linchetto. C’è poi il biscione della cresta, «basilisco» dell’Appennino: ci si salva solo portandosi dietro uno specchietto. Muore vedendosi riflesso. Dalle streghe al folletto «Erpice», che faceva le trecce alla coda dei cavalli alle donne dei segni il passo è breve. Le guaritrici che toglievano il malocchio e il fuoco di Sant’Antonio con un rituale dove usavano formule e monete d’argento, sono ricordate da molti. Protagoniste di una tradizione che trova una forza inattesa nella domanda di mistero che nasce in un’epoca di crisi dei valori.