
La paura torna di moda. I turisti in vacanza non badano più solo ad ammirare opere d’arte, ma girano in pullman alla ricerca di nuove sensazioni. Mistero, magia e superstizione diventano il target privilegiato degli stranieri che arrivano a frotte nella Lunigiana dei castelli per “nuotare” nell’immaginario dell’orrore con diavoli, streghe, morti e fantasmi. Le segrete degli antichi manieri, le pievi e i borghi arroccati sull’appennino svelano una Lunigiana affascinante ed enigmatica, incrocio di strade e di piccole patrie, in cui le tracce del passato sono incise nel paesaggio. Così, guida alla mano, il turista “acchiappafantasmi”, batte palmo a palmo torri e bastioni alla ricerca della sua razione di terrore quotidiano. E le leggende, ormai appartenenti ad un morente tradizione popolare, diventano un veicolo pubblicitario inaspettato che immergono il turista in un bagno di paure ancestrali.
Il fantasma forse più gettonato è quello di una marchesa Malaspina di Fosdinovo. Un’apparizione che, periodicamente oggi, smuove troupe televisive alla ricerca di scoop. Si racconta che la giovane, contro il volere dei genitori, si fosse innamorata di uno stalliere e che il padre decise di isolarla imprigionandola in una segreta del castello con un cane ed un cinghiale. Dopo qualche anno di stenti la marchesina morì. Ma nelle notti di luna piena lo spirito della fanciulla torna a vagare per il castello con una veste bianca e i lunghi capelli sciolti sulle spalle. La leggenda del lupo mannaro che agita le notti del Piagnaro, il borgo più antico di Pontremoli, invece, ha spinto qualche sera fa una comitiva di turisti inglesi ad organizzare una caccia al licantropo. La tradizione dice che se si incontra non bisogna guardarlo e se si salgono tre scalini si sfugge il pericolo. Si racconta anche che per guarire colui che è affetto da licantropia occorre forargli una mano con una lesina da calzolaio. Alla ricerca del “divino poeta” si scatenano i ghost-buster anglosassoni a Mulazzo dove sorge la Torre di Dante. Si dice che lo spirito del "ghibellin fuggiasco" si aggiri gemendo per il castello dove fu esulenel 1306 da Firenze.
Nel castello di Bastia a Licciana Nardi gli abitanti affermano che nelle notti estive appaia il fantasma di Annetta Malaspina, dama bellissima, cortigiana a Parma e Parigi nel XVIII secolo dove fu amica di Luigi XV e rivale di madame de Pompadour. A Pozzo si lamenta ancora di notte tra i resti del suo antico castello il marchese Ottavio Malaspina che 400 anni fa si uccise per non cadere nella tentazione del diavolo che gli chiedeva di ammazzare la moglie. A Zeri si racconta di un giovane della frazione di Montelama emigrato in Corsica. Una sera di Carnevale sentì il desiderio di rivedere la sua fidanzata e ne parlò con un vecchio compaesano. L’anziano si disse pronto ad aiutarlo. Seguendo le istruzioni del vecchio si cosparse di un unguento e si trasformò in gatto, così raggiunse la casa della fidanzata, ma la trovò ad amoreggiare con un altro. Il gatto decise allora di spegnere la luce della stanza. Ma la giovane, infastiditaa, prese un coltello e tagliò una zampa all’animale che fuggì. Dopo alcuni mesi il giovane tornò a Montelama privo della mano destra. Ma le storie di magia e paura nella Lunigiana dai cento castelli non hanno nulla di veramente diabolico, sono tramandate nel segno del folclore e dell’artificio narrativo.
Dalle “fole” di Lunigiana nasce una singolarissima immagine del territorio che viene ad essere rappresentato come una mappa della suggestione. Le emozioni qui vengono legate quasi sempre all’idea della morte, più frequentemente nei territori isolati. A Malgrate si racconta di una donna morta due volte. Una contadina rimasta in casa da sola si era messa a mangiare, ma il cibo le rimase bloccato in gola. Quando tornano i familiari trovarono la donna distesa a terra, apparentemente priva di vita. Allora decisero di metterla in una cassa e di trasportarla al cimitero del paese in attesa del funerale previsto il giorno seguente. L’indomani però, tornati al cimitero, notarono che il coperchio della bara era stato forzato. Decisero di alzare il coperchio e si trovarono di fronte la morta con occhi sbarrati, il volto contratto in una smorfia di disperazione e le mani sanguinanti. La contadina era riuscita ed espellere il cibo e aveva ripreso a respirare, ma all’interno della bara era di nuovo morta, questa volta di crepacuore. Le mille forme della paura trovano posto in una sceneggiatura popolare lunigianese assai. Storie di umanità arcaica che utilizzano i frammenti del mito, nel tentativo superare le tempeste del dubbio davanti all’antico focolare.
Natalino Benacci