EMMA TRAVERSI
Cronaca

Ponteggi... inclusivi. Quasi tutti immigrati i dipendenti della ‘Gip’. Non si trovano italiani

Arrivano dall’Africa 9 dei 12 operai della società fondata dai fratelli Gerini. Nell’azienda di Fivizzano si punta sull’integrazione e sulla sicurezza. Ancora scuola di formazione per insegnare il mestiere ai giovani.

Ponteggi... inclusivi. Quasi tutti immigrati  i dipendenti della ‘Gip’. Non si trovano italiani

Ponteggi... inclusivi. Quasi tutti immigrati i dipendenti della ‘Gip’. Non si trovano italiani

La società dei fratelli Gerini ha sede nella piccola frazione fivizzanese di Rometta, è la più grande azienda del settore della Lunigiana, 12 operai alle dipendenze e 9 di loro arrivano dall’Africa. L’inclusione lì sempre la regola. E’ nata come Gap, si è trasformata ora in Gip, Gerini Installazione Ponteggi, e opera in Toscana, Liguria, Emilia-Romagna. Diego e Luca Gerini lavorano nel settore dei ponteggi da poco meno di vent’anni, da quando hanno finito gli studi. "Io e mio fratello Luca abbiamo 1 anno e mezzo di differenza, e un carattere completamente diverso. Ma siamo complementari: è la forza dell’azienda. Luca sta in cantiere e a contatto col pubblico, io mi occupo della parte burocratica e di gestione" spiega Diego. Sicurezza e inclusione sono la regola, sottolineano. I dipendenti arrivano da Costa D’Avorio, Mali, Nigeria, Senegal, Guinea: un piccolo mappamondo in una sola azienda.

Siaka Doumbia è stato il primo immigrato assunto nel 2018: il tirocinio di 6 mesi alla GAP dopo essersi formato come ponteggiatore nel comune di Massa. Era fuggito qualche anno prima dalla guerra in Costa D’Avorio, attraversando il Sahara e il Mediterraneo, partendo dalla Libia. Sbarcato in Italia e inserito nel sistema di accoglienza Sprar, sognava di trovare lavoro e poter restare. Oggi è è caposquadra, un percorso di crescita di cui è orgoglioso e di cui sono fieri anche i datori di lavori che possono contare sul suo rigore. "Il caposquadra deve dare l’esempio, ricordare le regole – spiega Siaka –. Soprattutto nei lavori faticosi e pericolosi. La prima regola per tutti è stare attenti e non abbassare mai la guardia, adottare i protocolli di sicurezza, indossare casco, imbrago, scarponi. Sono orgoglioso perché da quando ho iniziato, ed ero senza lavoro, chi se lo sarebbe mai aspettato un percorso di crescita così".

Le storie dei ragazzi arrivati in Lunigiana e poi entrati a lavorare alla GIP sono quelle di molti che hanno attraversato il mare, dopo averne vissute tante prima, e diversi anni di incertezza dopo. "L’integrazione è un processo che va in due direzioni – afferma Siaka – ci vuole la volontà di chi arriva ad imparare, essere aperto alla cultura. Un ostacolo all’integrazione è la discriminazione che alcuni di noi ricevono appena arrivati: può segnarti molto, invece quando si è trattati da persone come tutti, è più semplice, ti aiuta". E poi c’è la lingua: "poter parlare con gli altri è fondamentale, aiuta a capire e a farsi capire. Mi sono molto impegnato quando mi insegnavano l’italiano, ho capito che sarebbe stato un mezzo potente". Anche sul lavoro è un requisito imprescindibile: "per poter garantire la sicurezza è indispensabile capirsi, capire bene le regole. Gli operai non sono al sicuro se non conoscono a fondo i regolamenti da mettere in pratica nei cantieri. Troppe volte sul posto di lavoro muoiono persone per questo. Per noi è un punto importantissimo aggiungono i fratelli Gerini –. La sicurezza è tutto, per questo investiamo nella formazione dei dipendenti e nell’attrezzatura".

Una comunicazione efficiente, sottolineano, è essenziale per garantire la sicurezza sul lavoro. "Non ci interessa il colore della pelle,ciò su cui non possiamo passare sopra è il rispetto delle regole, solo questo è importante ed è ciò che garantisce la nostra affidabilità come attività" continuano i due fratelli. "Se qualcuno, vedendo dei ragazzi con la pelle nera, si lamenta, a noi fa arrabbiare – dicono – Se hanno una divisa con il nome dell’azienda vuol dire che in quel momento quegli operai sono l’azienda, come se fossimo noi". E in alcuni settori come quello edile i lavoratori stranieri sono ormai la normalità: lavori che gli italiani non vogliono più fare, anche se la richiesta è alta. "Lo Stato dovrebbe impegnarsi a creare un sistema che permetta di inserire prima nel mondo del lavoro chi arriva, con una formazione adeguata, soprattutto la lingua". Così la ‘GIP’ nel tempo si è impegnata a investire sui propri operai, spronandoli anche a conseguire la patente adeguata a guidare i mezzi di lavoro, spesso aiutandoli a trovare una sistemazione autonoma.

L’azienda è per i fratelli Gerini anzitutto una costruzione a partire dalla comunità di intenti e dalla responsabilità di ciascuno. "Ci immaginiamo una ditta orizzontale dove ognuno, nel rispetto della propria mansione, gestisca il lavoro in autonomia perché ha le capacità e la voglia di farlo – spiegano –. Questo richiedere responsabilità e fiducia reciproca, un rapporto di sinergia che notiamo sta crescendo sempre di più tra tutti noi, proprietari e dipendenti, dipendenti e dipendenti".

Il radicamento sul territorio passa anche dalla formazione dei più giovani, per questo la società ha partecipato a marzo a un incontro con gli studenti delle scuole professionali lunigianesi: un’occasione per creare una relazione tra chi offre lavoro sul territorio e chi cercherà un impiego. "Far sapere ai ragazzi le possibilità che hanno è importantissimo, metterci in contatto con loro è anche per noi un modo per dare una mano al territorio e implementare l’organico" spiegano i fratelli Gerini. E dal 2019 nella sede dell’azienda a Rometta di Fivizzano svolgono corsi di formazione pratica per futuri ponteggiatori: finora hanno partecipato in 100, sia operai che necessitavano di rinnovare il corso, sia chi deve imparare tutto. volta. "Vorremmo che passasse l’idea che run’attività se fa bene e rispetta le regole può crescere, anche in Lunigiana", concludono Diego e Luca.