REDAZIONE MASSA CARRARA

"Non siamo camorristi Accusati ingiustamente"

Carmine Romano e Fabrizio Micheli si difendono dalle accuse di estorsione "Siamo stati denunciati da un ex maresciallo dei carabinieri radiato dall’Arma"

"Noi non siamo camorristi né tantomeno legati ai clan della ‘ndrangheta, le famiglie, quelle che si pensava, nelle intercettazioni, fossero della criminalità organizzata non sono altro che le nostre, abbiamo già chiarito i fatti durante gli interrogatori". Non vogliono essere etichettati come malavitosi di grosso calibro Carmine Romano, 54 anni, di Napoli e Fabrizio Micheli, 49 anni di Sassari. Entrambi sono finiti nei guai, assieme ad altre cinque persone, nell’ambito della cosiddetta operazione Drago condotta a suo tempo dalla Dda di Genova e dai carabinieri di Massa. Carmine Romano e Micheli sono tuttora soci della My Way, una società con la facoltà di effettuare consulenza aziendale con sede a Massa dove i due risiedono da anni, il primo dal 1994, l’altro dal 2006. Sono accusati di tentata estorsione nei confronti di un imprenditore. "Dagli atti dell’inchiesta – racconta Carmine Romano – non risulta mai l’associazione a delinquere di stampo mafioso. Non ci è mai stata contestata, fin dai tempi dell’arresto nel 2018. Lo sa chi ci accusa? Un ex maresciallo dei carabinieri che è stato radiato dall’Arma per essere stato condannato per estorsione. Era un mio ex socio, avevamo un’attività alla Partaccia, poi litigammo e i rapporti si ruppero". Le condanne definitive erano emerse nell’incidente probatorio a Genova. Quali accuse contestate? "Noi non abbiamo fatto alcuna azione per estorcere denaro al mio ex socio dopo che aveva acquistato all’asta due immobili di proprietà di Nicola Mari e della sorella Francesca. Nicola era un nostro impiegato faceva il barista poi con me e l’ex socio. Un bravo ragazzo che io ho cercato di aiutare a riprendersi le due case. Ho fatto da paciere, tutto è nato dopo l’asta della prima casa: l’ex socio se l’è aggiudicata per circa trentamila euro, ci siamo mossi per vedere se lui poteva ridarla ai Mari che gli avrebbero ovviamente dato i soldi versati al tribunale riconoscendogli una sorta di provvigione. Però io non parlavo con lui e allora è capitato per caso un contatto con Sergio Romano (anch’egli coinvolto nel processo ndr), mio ex compagno di scuola e che non vedevo da 15 anni. Lo incontrò un parente di mia moglie a Napoli e siccome lui è un bravo cuoco gli dissi se voleva venire a Massa per lavorare con me in un ristorante. Quando è venuto a Massa, la casa era già stata acquistata, forse ho commesso l’errore di coinvolgerlo, ma l’ho fatto in buonafede: gli dissi, io non parlo con lui, puoi andare tu a vedere se c’è la possibilità di una mediazione pacifica per poter restituire la casa ai Mari? Lui è andato al locale dell’ex socio assieme a Giovanni Formicola (70 anni, anch’egli finito a processo per tentata estorsione), mai visto e conosciuto, per trovare un accordo. E lui ha accettato 40mila euro che io stesso poi gli ho consegnato. Ma poi non ha voluto saperne di ridare la casa ai Mari, voleva 160mila euro".

guido baccicalupi