
Sono trascorsi esattamente quattro anni dalla morte di Davide Trentini, il 53enne di Massa che, malato di sclerosi multipla, scelse di morire col suicidio assistito in una clinica svizzera, con l’aiuto di Mina Welby e Marco Cappato. A ricordalo è l’associazione Luca Coscioni, di cui Welby e Cappato sono rispettivamente copresidente e tesoriere, specificando che entrambi rischiano una condanna fino a 12 anni di carcere. Il 28 aprile, a Genova, si aprirà infatti il processo di appello che li vede impuati per concorso nel reato di istigazione o aiuto al suicidio. In primo grado a Massa, nel luglio scorso, Cappato e Welby, che si autodenunciarono nei giorni successivi alla morte di Trentini, furono assolti. Sentenza contro cui ha fatto ricorso la procura.
"Cappato e Welby rischiano il carcere a causa dell’inerzia di un Parlamento sordo ai richiami della Corte Costituzionale, che finora ha scelto di non avviare un dibattito sul tema, mentre migliaia di persone in Italia sono costrette a subire condizioni di sofferenza estrema – commenta l’avvocato Filomena Gallo, segretario dell’associazione Luca Coscioni, coordinatrice del collegio difensivo di Welby e Cappato –. Chi può permetterselo riesce ad affrontare un viaggio terribile e andare in Svizzera. Tra le tante persone alle quali è impedita la libertà di scelta ci sono sia coloro che sono nelle condizioni nelle quali era Davide Trentini, sia coloro che versano nelle condizioni di Mario, il primo italiano ad aver fatto ricorso contro un Asl dopo il diniego ricevuto per l’accesso al suicidio assistito, nonostante tale diritto sia stato riconosciuto dalla Consulta".
I partiti, tutti, portano la responsabilità della scelta del Parlamento di voltare la testa dall’altra parte e non fare nulla – conclude l’avvocato Gallo –. Non hanno infatti fornito alcuna risposto né ai giudici della Corte costituzionale né agli oltre 140.000 cittadini che hanno chiesto attraverso una legge di iniziativa popolare la legalizzazione dell’eutanasia".