Montagne in briciole. L’impatto delle cave alla ribalta nazionale: "Un caso esemplare"

La trasmissione Geo di Rai3 ha dedicato un focus speciale sulle Apuane "Si ferisce il territorio senza preoccuparsi del presente e del futuro". Fontana: "Un’alternativa? Il riciclo degli inerti da demolizione".

Montagne in briciole. L’impatto delle cave alla ribalta nazionale: "Un caso esemplare"

Montagne in briciole. L’impatto delle cave alla ribalta nazionale: "Un caso esemplare"

Gli impatti delle attività estrattive sulle Alpi Apuane finiscono sotto la lente di ingrandimento del programma Geo su Rai3, condotto da Sveva Sagramola. Un esempio, insieme ad altri, di cosa succede sulle montagne italiane là dove esistono imprese che sfruttano le risorse ‘cavate’ dai versanti con un titolo che certo non lascia spazio all’immaginazione: "Montagne in briciole: l’impatto delle cave". Un focus speciale dedicato proprio alle Alpi Apuane, grazie all’intervento di Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente. Le Apuane sono un "caso esemplare – ha evidenziato Fontana – di come si fanno ferite al territorio senza preoccuparsi del presente e del futuro. Queste montagne sono caratterizzate da attività estrattive millenarie, le immaginiamo tutte legate al marmo di Carrara, alle produzioni artistiche. Solo l’1% del marmo di Carrara oggi viene utilizzato per finalità artistiche, il 20% delle 5 milioni di tonnellate estratte ogni anno viene utilizzato nel mercato delle pietre ornamentali quindi pavimentazioni, rivestimenti di ville e altri edifici. Il resto si usa come carbonato di calcio: viene ridotto in polvere, utilizzato in cosmesi e produzioni alimentari o dentifrici. Fa impressione immaginare come vengono utilizzate le cave Apuane. E a pagare il prezzo è l’ambiente".

Il rappresentante di Legambiente ha anche evidenziato gli effetti diretti sull’ambiente delle attività collegate alle cave in particolare gli scarti della lavorazione e ha fatto un riferimento chiaro alla marmettola "che finisce nei torrenti e nei fiumi. Siamo in zone carsiche con una forte permeabilità. Siamo dentro al Parco Regionale e si vorrebbero aprire nuove cave. Su questo aspetto abbiamo lanciato un appello al congresso nazionale di Legambiente affinché non accada, ci si fermi un attimo, visto che siamo anche dentro un GeoParco Unesco e dentro la Rete Natura 2000, una realtà da tutelare". Un approfondimento che si è inserito nel quadro più ampio delle attività estrattive in Italia, un "problema che affligge le nostre montagne", con "oltre 3.000 cave ancora attive – come viene descritto il focus sulla pagina social del programma –, con decine di milioni di metri cubi di ghiaia, pietrisco, pietre ornamentali e persino pietra lavica estratti ogni anno insieme alla sabbia sottratta a fiumi e torrenti. Un giro d’affari in cui spuntano illegalità e mafie che vale, solo per sabbia e ghiaia, oltre 400 milioni di euro l’anno. Ma qual è il prezzo che paga l’ambiente? Ci sono alternative per evitare che le nostre montagne finiscano in briciole?".

Alternativa che per Fontana è quella del riciclo degli inerti da demolizione che già oggi vede in Italia la capacità di preparare al riciclo l’80% di questi materiali pari a oltre 40 milioni di tonnellate ma che per la normativa e l’assenza di mercato a oggi in buona parte restano nei piazzali e nei capannoni delle aziende produttrici.