Migranti, a Carrara arriva la nave di Emergency. “A bordo vittime di torture e minori non accompagnati”

La Life Support attracca a Marina di Carrara mercoledì mattina. Il video del salvataggio

Carrara, 18 aprile 2023 – Mercoledì mattina intorno alle 8 sbarcherà al porto di Marina di Carrara, alla banchina Taliercio, la nave Life Support di Emergency. Le 55 persone a bordo, soccorse nel Mediterraneo Centrale il 15 aprile scorso, riportano storie terrificanti.

“L’assegnazione del porto di Marina di Carrara, rispetto ad un porto siciliano, ha costretto i naufraghi a bordo e la nostra crew a due giorni e mezzo ulteriori di navigazione, per altro in condizioni meteo marittime avverse – riporta Emanuele Nannini, capomissione della Life Support – A bordo le persone erano stremate da anni di viaggio, dalla Libia e dalla traversata in mare. Assegnare un porto lontano non solo viola le convenzioni internazionali sul diritto del mare, ma è anche una crudeltà verso i naufraghi: persone che avevano il diritto di essere portate a terra il prima possibile”.

I superstiti provengono da Bangladesh, Chad, Costa d’Avorio, Egitto, Eritrea, Etiopia, Nigeria, Palestina, Somalia, Sudan: tutti paesi segnati da conflitti armati e crisi umanitarie. A bordo, 46 uomini adulti, tre donne adulte, tre bambini e tre minori non accompagnati.

“Quando abbiamo iniziato le visite dei sopravvissuti a bordo, ci siamo subito resi conto della vera emergenza: non le ustioni e le ferite che i naufraghi riportavano sui corpi, ma le esperienze devastanti che hanno vissuto lungo la rotta migratoria – commenta Roberto Maccaroni, responsabile sanitario della nave – Abbiamo soccorso vittime di tortura, minorenni che hanno viaggiato per anni da sole, donne in fuga da matrimoni precoci, ragazzi che hanno tentato per 9 volte di scappare dalla Libia ma che ogni volta venivano intercettati e riportati indietro”.

“In Libia sono stato diversi mesi in prigione – ricorda un ragazzo nigeriano di 23 anni –. Ho visto persone morire per le botte. Non c’erano finestre, di rado ci portavano all’aperto e quando succedeva inorridivo: negli spazi esterni della prigione vedevamo solo cadaveri ammassati. Mi hanno fatto chiamare mio fratello per chiedere soldi. Quando sono uscito da lì ero irriconoscibile: avevo una gamba rotta, non riuscivo a camminare, mi aveva picchiato sui genitali e non riuscivo ad urinare”.