
Il consigliere comunale Ivo Zaccagna
Quando sento parlare della candidatura di Massa a capitale italiana della cultura non riesco a nascondere un senso di difficoltà. Non per principio o per spirito di contraddizione, ma per coerenza verso ciò che intendo per cultura. Per me ’cultura’ è una parola carica di significato. Mi riporta a una figura a me molto cara, quella di mio nonno, il maestro Francesco Zaccagna: un uomo che ha vissuto l’educazione come vocazione e che mi ha insegnato a considerare la cultura come strumento di crescita, responsabilità e senso di appartenenza a una comunità. Ecco perché fatico a vedere in questa candidatura un vero slancio culturale.
Ho il timore, invece, che si stia mettendo in scena una narrazione che non corrisponde alla realtà. Perché la cultura non è un’etichetta da esibire, né un evento da organizzare. Non si costruisce in pochi mesi con conferenze e spettacoli, la cultura è un processo lungo, profondo, collettivo. È il modo in cui una comunità si riconosce, si racconta e in modo collettivo, cresce. E allora mi chiedo: siamo davvero pronti come città a chiamarci ’Capitale della cultura’ quando la nostra biblioteca cittadina resta chiusa o depotenziata? Quando i nostri beni storici non sono valorizzati né resi accessibili? Quando mancano vere politiche culturali e le associazioni del territorio si trovano spesso sole, senza risorse, senza ascolto, senza rete?
In questo contesto, parlare di ’cultura’ rischia di diventare un esercizio retorico o come i latini dicevano “panem et circenses”. Si corre il pericolo di usare questa candidatura come vetrina, come mezzo per generare consenso e non come occasione di consapevolezza e crescita collettiva, senza oltretutto considerare il rischio di una bocciatura che potrebbe essere l’ennesima doccia fredda per il nostro territorio.
Credo, quindi, che la cultura non sia solo uno strumento di intrattenimento e che una candidatura di questo tipo debba nascere da un terreno fertile, da un consenso che negli anni è cresciuto insieme e ha lavorato per ottenere questo risultato, non da una mera campagna di immagine. Massa potrà candidarsi, senza timori, quando avrà fatto i conti con le proprie mancanze, con il vuoto di visione, con la marginalità in cui spesso vengono lasciate le arti, la musica, la lettura e i luoghi dell’incontro. Solo quando torneremo a investire seriamente nella cultura nelle persone, negli spazi pubblici, nella progettualità a lungo termine potremo dire di essere davvero una città della cultura. Fino ad allora, credo sia più utile usare questo momento non per cercare un titolo, ma per interrogarci su chi vogliamo essere. Pertanto questa visione non è da vedere come una rinuncia ma un invito a costruire.
Capogruppo di Massa è un’altra cosa