ALFREDO MARCHETTI
Cronaca

In cerca di un mondo migliore: "Sogno di diventare idraulico. In Libia eravamo i loro schiavi"

I drammatici racconti dei minorenni ospitati al cas ex seminario della diocesi a Massa. La struttura gestita da Casa Betania ha 14 camere da letto, 4 bagni e un campetto da calcio

L'accoglienza al cas ex seminario della diocesi di Massa (Foto Nizza)

Massa, 24 agosto 2023 – Immaginate di avere 16 anni. Mamma viene da voi e vi dice: "Non riusciamo più a mantenerti: da ora in poi dovrai pensare a te stesso...". Il lavoro che fate (si, perché state già lavorando) non è abbastanza per restare vivo. Decidete di partire in cerca di un mondo migliore: l’Italia. è fondamentale preparare il viaggio in gran segreto, perché il vostro governo vi sta cercando: siete obbligati ad arruolarvi nell’esercito, altrimenti galera. Tramite parenti riuscite a scappare in un altro Paese. Racimolati pochi spiccioli grazie a un lavoretto di fortuna decidete di attraversare il deserto. A piedi. Con altri sconosciuti. Per due settimane siete in balia di temperature equatoriali, tempeste di sabbia, insetti, serpenti velenosi, bande di briganti pronte a rapirvi e a vendervi come schiavi ai signori della guerra. L’unica arma che avete è un sacchetto con dentro un caricabatterie, un paio di t-shirt, una bottiglietta d’acqua. Ogni giorno che passa i vostri ’compagni’ sono sempre meno, cadono a terra stremati dalla fame o dalle malattie. Quando la speranza inizia ad affievolirsi, riuscite ad arrivare in Libia. Vi aspetta il carcere: siete costretti in stanze di pochi metri con altre decine di persone. Chi è abile al lavoro viene trasportato a bordo di camion nelle piantagioni che gli ufficiali militari hanno fuori città: siete utilizzati come schiavi. Chi invece riesce a entrare con un visto da studente riesce a rimediare un alloggio, guadagna qualche dinaro libico, ma non se la passa di certo meglio. La notte capita spesso che vi sfondino la porta dell’appartamento che dividete con altre persone. Sono le bande di predoni, che sanno dove attaccare: vi rapinano dei vostri averi, ripuliscono tutti i cassetti dove avete lasciato qualche soldo.

Finalmente riuscite a raggiungere la cifra pretesa per partire (c’è chi ci ha messo due anni). Un messaggio su Whatsapp vi informa poche ore prima: di solito la partenza avviene di notte per dare meno nell’occhio, su una barchina utilizzata dagli appassionati di mare per andare al massimo alla Palmaria. Voi dovrete attraversarci il Mediterraneo. Giorni di mare aperto (se non verrete bloccati dalla guardia costiera libica e rispediti indietro per ricominciare tutto da capo), temperature insostenibili, in balia delle condizioni meteorologiche, ammassati come topi in una imbarcazione di pochi metri. Dopo albe e tramonti circondati da acqua salata, lontano si vede una nave. Finalmente arriva la salvezza.

E martedì sono arrivati a Massa, al cas ex seminario della diocesi in gestione dall’associazione casa Betania, 5 ragazzi minorenni. La struttura è dotata di ogni ristoro per questi giovani. Sono 32 e arrivano da ogni parte d’Africa e Asia: Eritrea, Etiopia, Tunisia, Bangladesh, Gambia. Nella struttura ci sono 14 camere, due refettori, un campetto per fare sport, sala per il teatro, 4 bagni e una stanza con le docce, 32. Persone. L’età è dai 15 ai 17: restano circa due mesi. La giornata tipo è: colazione, pulizie della struttura, teatro laboratorio (stanno preparando una pièce sulla loro esperienza) e pranzo. A volte ci sono incontri con l’assistente sociale. Poi lezione di italiano, calcetto e uscita in centro. Il rientro è tassativo all’ora di cena. Con loro, complessivamente, ci sono 8 mediatori culturali. Uno di loro, Hicham El karkouri, ci ha aiutato a conoscere le loro storie. Marco (nome inventato). 16 anni, è arrivato con la ’Open Arms’: "I miei non potevano più mantenermi. Sono scappato in Sudan da mio zio perché l’esercito mi cercava per obbligarmi ad arruolare. Ho attraversato il deserto mi hanno messo in carcere in Libia. Ci costringevano a coltivare le piantagioni. Sono scappato e mi sono imbarcato. Il primo tentativo è fallito: la guardia costiera ci ha rispedito indietro. Poi ci sono riuscito. Come vorrei fare da grande? Andare in Europa a trovare i miei parenti. A casa avevamo un carretto, facevamo traslochi alla giornata. Vorrei fare il meccanico".

Diversa la storia di Andrea, 17 anni. "Sono rimasto in Tunisia due anni. Avevo il visto da studente, la notte entravano in casa e ci rapinavano. Uno mi ha ferito col coltello, mi hanno anche picchiato forte. Facevo lo chef di grigliata durante l’estate. Ho racimolato mille euro per la traversata, uno stipendio di 6 mesi nel mio paese. Sono qui da settimane. Il mio sogno è restare in Italia e fare manutenzione al computer, ho studiato informatica. Tra un mese compirò 18 anni". Infine c’è Matteo: "Sono partito con un cugino, lui è ancora Lampedusa. La vita a Tunisi era difficile. Vivevo con i miei genitori, una sorella e un fratello. Lui è a Napoli. Perché partiamo? Ci raccontano che in Italia che si sta bene. Sono un idraulico, ho lavorato in Tunisi, mi piace come mestiere".